Eco
è-co
Significato Fenomeno acustico per cui un suono, riflesso da un ostacolo, torna ad essere udito nel punto in cui è stato emesso; ripetizione, risonanza, seguito
Etimologia dal greco: echo, personificata nel mito con una ninfa oreade, Eco.
Parola pubblicata il 19 Giugno 2013
Il riflesso di un suono che rimbalza contro un ostacolo e torna all’orecchio di chi l’ha emesso è l’eco. Questo suono deve potersi però udire distintamente, altrimenti si parla di riverbero, o di rimbombo. All’interno di una stanza vuota, ad esempio, non c’è eco: se dici una parola ad alta voce si verrà solo a creare un frastuono indistinto. Ma se invece quella parola la gridi verso la parete di una montagna - o al limite, in una stanza davvero gigantesca - il suo suono tornerà indietro in maniera netta. Si approssima che sia sufficiente una distanza di diciassette metri fra chi emette il suono e l’ostacolo, per percepire l’eco: contando che la velocità del suono è circa trecentoquaranta metri al secondo, e che diciassette metri all’andata e diciassette al ritorno fanno trentaquattro metri, il suono impiegherà un decimo di secondo a tornare all’orecchio di chi lo ha emesso - il minimo indispensabile per distinguerlo senza che si confonda col primo suono. Ad ogni modo, se l’ostacolo è più lontano, l’eco ci metterà di più a tornare indietro, e l’effetto sarà tanto più bello - sembrando davvero una voce che risponde ripetendo ciò che si è detto.
È un fenomeno suggestivo: il suono che si ripercuote tante volte fino a spengersi si presta bene alla metafora. In un’opera scultorea contemporanea si potranno ancora vedere gli echi di una tradizione rinascimentale; la notizia scandalosa avrà una grande eco nei media; una nuova lotta contro la criminalità organizzata potrà estendere i suoi echi in molte regioni.
È una parola stupenda, da usare, perché l’eco è un fenomeno emozionante. Chi non passerebbe ore a urlare, in una valle dell’eco?
Notiamo che, secondo i dizionari, si tratta di un sostantivo di genere femminile al singolare, e maschile al plurale. L’uso di eco al singolare come se fosse di genere maschile (“un eco”) è uno degli errori che più volentieri i censori correggono; ma rileviamo che questa antieconomica asimmetria di genere fra singolare e plurale, oltre ad un’attribuzione insolita del genere femminile ad una parola che termina in “o” fa sì che probabilmente, in futuro, “eco” si rassegnerà ad essere maschile - e il mondo, comunque, non crollerà per questo.
Nota mitologica extra: Chi era Eco?
Eco era un’oreade, cioè una ninfa delle montagne, ed era la ninfa più ciarliera, pettegola e linguacciuta che si fosse vista mai. Ora, sappiamo tutti che Zeus amava concedersi continue avventure amorose clandestine con qualunque bella donna gli capitasse a tiro - ma sappiamo anche che la sua sposa, Era, stava sempre all’erta e col fucile puntato, quindi per lui non era così semplice coltivare liaisons segrete. Se siete furbacchioni come il Cronide ci avrete pensato già anche voi: spingendo Eco a fare compagnia ad Era, con la sua lingua lunga l’avrebbe distratta tanto da permettere a Zeus di scorrazzare indisturbato dietro alle gonne di chi voleva. E per un po’ parve funzionare; ma Era non era stupida, e si avvide che tanta insistente cura da parte di Zeus perché lei passasse più tempo con Eco (“Ma Tesoro, stai sempre sola! Stai con Eco, con lei sì che starai in buona compagnia! Più tardi vi faccio portare i cioccolatini da Ermes”) doveva nascondere un doppio fine.
Quando due dèi d’alto rango litigano, chi resta nel mezzo fa sempre una brutta fine. Era, infatti, oltre a prendersela con Zeus (ma vabbè, è il solito, non si smentisce mai), agguant Eco e le tolse la voce - e per la nostra linguacciuta, fu quasi la morte. Ma in effetti Era non la lasciò proprio muta: poteva ripetere solo le ultime parole che le venivano rivolte. Così Eco se ne tornò mesta nei suoi boschi di montagna. Ma non finisce qui.
In quei boschi di montagna iniziò a bazzicare un ragazzo di straordinaria bellezza: Narciso. Mezzo nudo e coi capelli biondi al vento correva qua e là cacciando tutto il dì, e le ninfe lo spiavano da dietro gli alberi e i cespugli col cuore in gola. Eco si innamorò perdutamente. Ma come poteva dichiararsi? Non sapeva che ripetere le ultime parole che le si dicevano. Se solo avesse avuto la sua vecchia parlantina…! Comunque un giorno provò ad avvicinarlo, e possiamo immaginare che cosa accadde: “Chi sei tu?” chiede Narciso “..sei tu?” replica Eco. “Io sono Narciso” “… sono Narciso” “Sì, ma quale è il tuo nome?” “…tuo nome?” “Mi prendi in giro?” “… in giro?”. Narciso se ne andò, e non le volle più rivolgere parola. Lei non lo vide più, e per la disperazione si lasciò morire.
Ma gli dèi pietosi la tramutarono in roccia, e ancora oggi ripete le ultime parole che le si dicono, come imposto da Era. Gli dèi pietosi: agli zoppi, bastonate. Figurati se erano dèi biliosi.