Resistenza
re-si-stèn-za
Significato Opposizione, contrasto
Etimologia dal latino: resistentia, da resistere, composto di re indietro e sistere fermare.
Parola pubblicata il 25 Aprile 2013
re-si-stèn-za
Significato Opposizione, contrasto
Etimologia dal latino: resistentia, da resistere, composto di re indietro e sistere fermare.
Parola pubblicata il 25 Aprile 2013
È una parola molto comune, e un concetto fondamentale. L’etimologia ci parla di un fermare respingendo, di un non cedere ad una forza, ad una spinta. E se questo concetto può normalmente essere declinato in decine di modi diversi - dalla resistenza elettrica alla resistenza alla fatica, dalla fase di resistenza degli organismi viventi alla resistenza alla psicanalisi - oggi è il caso di soffermarsi su una declinazione speciale.
Per eccellenza, con “Resistenza” si può intendere la lotta alle forze nazifasciste durante la seconda guerra mondiale, un fenomeno per cui uomini disposti a combattere per la libertà - non per forza dotti, non per forza santi - si unirono per cacciare dalle proprie terre invasori straordinariamente malvagi, adusi alla sopraffazione, alla strage e al genocidio. Molte sono le vicende che dai nostri nonni o dai nostri padri abbiamo sentito raccontare circa la resistenza - ma per intendere questo fenomeno è una la vicenda che qui vorremmo raccontare.
Albert Kesselring fu comandate delle forze d’occupazione tedesche in Italia. In quei diciotto mesi che durò l’occupazione nazista, Kesselring, oltre che dei normali orrori di una guerra che non conobbe limiti umani, fece in tempo a macchiarsi della responsabilità di terrificanti eccidi di civili: le Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Dopo la fine della guerra fu processato a Norimberga per crimini contro l’umanità, e condannato a morte nel ‘47. Tale condanna fu però commutata in carcere a vita: sembra che “smiling Albert”, Albert il sorridente, chiamato così per una sorta di paresi nervosa che lo portava a sorridere continuamente, non stesse poi troppo antipatico agli Alleati. Dopo soli cinque anni, inoltre, poté uscire, in ragione di certi gravi problemi di salute che addusse. Tornato alla vita civile, in Germania fu celebrato da certi schieramenti come un eroe. Ed ebbe il buon cuore di rilasciare una dichiarazione in cui diceva che in fondo non aveva nulla da rimproverarsi, e rammentava agli Italiani che per come si era comportato durante quei diciotto mesi d’occupazione, gli avrebbero dovuto erigere un monumento.
Anche a noi che non abbiamo vissuto niente degli orrori perpetrati da Kesselring, queste parole fanno salire una rabbia infuocata, ci ispirano odio, e forse violenza. Ma un uomo di statura inarrivata, un uomo della Resistenza e della Costituente che portava il nome di Piero Calamandrei, ebbe a rispondergli così, sfidando da vero italiano l’abominio con la poesia:
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
Resistenza