Sesquialtera
Le parole della musica
se-squi-àl-te-ra
Significato Uno più la sua metà (sottinteso: proporzione)
Etimologia dal latino sesqui, composto formato da semis e qui, ‘metà e’ e da alter ‘un altro’.
- «In questo atto notarile del 1374 troviamo un’eredità ripartita in proporzione sesquialtera.»
Parola pubblicata il 22 Giugno 2025
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Se vogliamo dirlo nella lingua di Cicerone, la sesquialtera è una proportio sesquialtera, ovvero la proporzione di tre a due (3:2). È una parola indubbiamente dotta e confinata ad ambiti specifici, che tuttavia era vitale nella Grecia antica, dove era usata con il nome di emiolia. Giunta a Roma, l’emiolia divenne la sesquialtera.
In latino era possibile creare parole composte con sesqui (letteralmente ‘metà e…’) come sesquihora ‘un’ora e mezza’, o sesquimensis ‘un mese e mezzo’.
Nell’italiano moderno è altresì possibile usare composti con il prefisso sesqui-. Per dirne uno, quest’anno ricorre il sesquicentenario, alias il centocinquantenario, della nascita dei compositorii Maurice Ravel e Franco Alfano.
Tuttavia, nel quotidiano parole di questo tipo sono rare. Volendo rappresentare il concetto di sesquialtera, si ricorre a perifrasi, come per esempio ‘uno più la sua metà, oppure ‘uno e mezzo’. Il fatto che esistano ben tre nomi per indicarlo (emiolia, sesquialtera e, anche se non nel campo musicale, sesquipedale), la dice lunga sulla sua importanza.
Le proporzioni con il prefisso sesqui- sono quelle in cui il primo numero supera di una sola unità l’altro, e appartengono al genus superparticulare, uno dei cinque genera (i primi tre, quelli semplici, sono il multiplex, il superparticulare e il superpartiens); perciò una proporzione 4:3 si chiamerà sesquitertia, 5:4 sesquiquarta e così via.
Nell’arte dei suoni la sesquialtera prende diverse accezioni:
a) un registro dell’organo. La denominazione deriva dal fatto che, con tale registro, ogni singola nota non è unica, ma è arricchita da altri due suoni armonici, che si trovano alla distanza intervallare di una dodicesima (corrispondente a un’ottava più una quinta: Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do-Re-Mi-Fa-Sol = 12) e di una diciassettesima (due ottave più una terza: Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do-Re-Mi = 17). Bach lo prescrive nella sua Cantata Komm, du süsse Todesstunde BWV 161, e si tratta di un’indicazione rara da parte del compositore, che affida la linea melodica principale del corale alla «sesquialtera ad continuo».
b) L’intervallo di quinta, o diapente (i Greci avevano un nome per ogni cosa!). Sulla chitarra l’armonico si ottiene sfiorando una delle corde all’altezza del settimo o del diciannovesimo tasto. In entrambe le posizioni, la corda produrrà lo stesso suono armonico di quinta, proprio perché la corda così viene divisa in tre parti uguali; questo procedimento è valido per qualsiasi altro cordofono. Anche l’intervallo di quarta, diatessaron, è un genus superparticulare, 4:3 o sesquitertia; la sesquiquarta o 5:4 è la proporzione per la terza maggiore pura, il ditonus.
c) Infine, provenendo da un tactus (nome antico della battuta) composto da due figure uguali (quindi binario, formato da due semibrevi o da due minime come nei moderni tempi ¢ o C), il 3:2 prescriverà un tactus formato non più da due, ma da tre figure, tre semibrevi o tre minime. In parole semplici, si otteneva un nuovo assetto metrico. Se la sesquialtera compariva in tutte le parti simultaneamente, il tempo cambiava da binario a ternario.
Tutte queste nozioni forse possono rendere un’idea di cosa s’intendesse per ‘musica’ nell’antichità. Platone nel Timeo descrisse la creazione dell’Universo. Al pari dell’uomo, esso è formato da un’anima, immutabile, e da un corpo, mutabile, le cui diverse nature sono unite da un’essenza intermedia. Così mescolato, il Demiurgo divise l’Universo:
Ecco, «una volta e mezzo» fu tradotto da Cicerone con sesquialtera. E, ormai si è capito, Platone trasse le proporzioni universali dall’armonia della musica. Un dono davvero divino.