SignificatoDel Polo Nord e della regione circostante; il Polo Nord e la regione circostante
Etimologia voce dotta recuperata dal latino arcticus, prestito dal greco arktikós ‘(dell’emisfero) dell’Orsa’, da árktos ‘orso’.
C’è del nord, nell’artico, ma quale nord? Dopotutto, quella di ‘artico’ non è un’indicazione secca da punto cardinale, e si distingue dal nord stesso e dal settentrione per una precisione diversa, per certi versi più larga, di trama più evocativa. E come spesso accade con i riferimenti geografici, una parte importante del tessuto originario è mitologico.
Letteralmente ‘artico’ — che ci giunge come voce dotta dal latino arcticus, un prestito dal greco arktikós — significa “dell’orso”. O meglio, “dell’Orsa”. Questo non ci è subito evidente: il nome greco dell’orso, árktos, non ha dato molti altri frutti nella lingua comune. Ma ci può balzare subito in mente che il riferimento non sia faunistico: anche il cielo stellato ci parla di Orsi, nel nord. Anzi, lo fa al femminile.
Quando si parla di catasterismi, cioè del modo in cui in tempi mitici furono collocate in cielo come costellazioni persone, bestie e cose, avere racconti univoci è raro. Le saghe dei nostri giorni hanno un canone difeso gelosamente, e cercano di tenere una linea narrativa coerente — anche se possono fiorire spin-off liberamente ispirati, e fanfiction, prosecuzioni d’invenzione da parte del pubblico. Invece il mito è una narrazione popolare, che prende pieghe e versioni diverse senza pretese di canoni troppo rigidi: l’unico modo che abbiamo per osservarlo sono le fototrappole dei testi antichi che l’hanno raccolto e che sono arrivati fino a noi. E il mito che qui ci interessa è fotografato in maniere diverse — in particolare da Esiodo (per tramite dei Catasterismi di Eratostene), dal commediografo Anfide e da Ovidio.
Noi sappiamo che di costellazioni dell’Orsa ce ne sono due, la Maggiore e la Minore (che comprende la stella polare). Quella eponima dell’artico è la Maggiore: si trattava di Callisto, ancella del seguito di Artemide, naturalmente votata alla verginità — e con queste premesse il prossimo a entrare in scena è sempre Zeus. Ne nacque Arcade, che come re darà il suo nome all’Arcadia, ma Callisto (oh gran bontà degli dèi antiqui!) doveva naturalmente essere punita. Fu trasformata in orsa per nasconderla o per castigo, e fu poi uccisa. Ma secondo alcuni, l’uccisione stava per avvenire proprio per mano del figlio Arcade durante una battuta di caccia, e in un improfanabile recinto sacro a Zeus — quindi, per evitare di aggiungere empietà alla faccenda, catasterismo, tutti in cielo in un disegno di stelle. Callisto compose l’Orsa Maggiore; Arcade o l’Orsa Minore oppure, più probabilmente, la meravigliosa costellazione del Boote, in cui splende Arturo, la quarta stella più luminosa del nostro cielo notturno. Arktouros, in greco, il custode dell’Orsa.
Ad ogni modo Era, insoddisfatta della soluzione tutto sommato onorevole per il suo ennesimo disonore, pare domandasse a Teti, potente ninfa figlia di Oceano, un accomodamento. Teti fece in modo che Callisto non toccasse mai le acque del mare trovandovi riposo, costretta in un moto celeste circumpolare.
«Già ma allora l’Orsa Minore da dove viene?» È plausibile che col mito non c’entri: qualcuno, citando Strabone, avanza che potrebbe trattarsi un’Orsa strumentale, chiamata ‘Orsa’ perché prossima e simile alla maggiore, mutuata dai Fenici per la sua utilità nella navigazione.
L’artico, sia come aggettivo sia come sostantivo, conserva un riferimento al nord, ma in qualità di regione, di emisfero, di calotta, segnata a giro dal circolo polare, col centro al Polo nord. Proprio ‘polo artico’ è un’espressione che in italiano è ricorsa fin da Boccaccio — indicando in maniera più definita un luogo, e quindi ciò che vi si trova e lo caratterizza, piuttosto che una direzione. Così parliamo della fauna artica, del vento artico che si spinge a sud in primavera, delle sorti dei ghiacci artici, dell’accoglienza artica che abbiamo avuto al nostro ritorno.
C’è del nord, nell’artico, ma quale nord? Dopotutto, quella di ‘artico’ non è un’indicazione secca da punto cardinale, e si distingue dal nord stesso e dal settentrione per una precisione diversa, per certi versi più larga, di trama più evocativa. E come spesso accade con i riferimenti geografici, una parte importante del tessuto originario è mitologico.
Letteralmente ‘artico’ — che ci giunge come voce dotta dal latino arcticus, un prestito dal greco arktikós — significa “dell’orso”. O meglio, “dell’Orsa”. Questo non ci è subito evidente: il nome greco dell’orso, árktos, non ha dato molti altri frutti nella lingua comune. Ma ci può balzare subito in mente che il riferimento non sia faunistico: anche il cielo stellato ci parla di Orsi, nel nord. Anzi, lo fa al femminile.
Quando si parla di catasterismi, cioè del modo in cui in tempi mitici furono collocate in cielo come costellazioni persone, bestie e cose, avere racconti univoci è raro. Le saghe dei nostri giorni hanno un canone difeso gelosamente, e cercano di tenere una linea narrativa coerente — anche se possono fiorire spin-off liberamente ispirati, e fanfiction, prosecuzioni d’invenzione da parte del pubblico. Invece il mito è una narrazione popolare, che prende pieghe e versioni diverse senza pretese di canoni troppo rigidi: l’unico modo che abbiamo per osservarlo sono le fototrappole dei testi antichi che l’hanno raccolto e che sono arrivati fino a noi. E il mito che qui ci interessa è fotografato in maniere diverse — in particolare da Esiodo (per tramite dei Catasterismi di Eratostene), dal commediografo Anfide e da Ovidio.
Noi sappiamo che di costellazioni dell’Orsa ce ne sono due, la Maggiore e la Minore (che comprende la stella polare). Quella eponima dell’artico è la Maggiore: si trattava di Callisto, ancella del seguito di Artemide, naturalmente votata alla verginità — e con queste premesse il prossimo a entrare in scena è sempre Zeus. Ne nacque Arcade, che come re darà il suo nome all’Arcadia, ma Callisto (oh gran bontà degli dèi antiqui!) doveva naturalmente essere punita. Fu trasformata in orsa per nasconderla o per castigo, e fu poi uccisa. Ma secondo alcuni, l’uccisione stava per avvenire proprio per mano del figlio Arcade durante una battuta di caccia, e in un improfanabile recinto sacro a Zeus — quindi, per evitare di aggiungere empietà alla faccenda, catasterismo, tutti in cielo in un disegno di stelle. Callisto compose l’Orsa Maggiore; Arcade o l’Orsa Minore oppure, più probabilmente, la meravigliosa costellazione del Boote, in cui splende Arturo, la quarta stella più luminosa del nostro cielo notturno. Arktouros, in greco, il custode dell’Orsa.
Ad ogni modo Era, insoddisfatta della soluzione tutto sommato onorevole per il suo ennesimo disonore, pare domandasse a Teti, potente ninfa figlia di Oceano, un accomodamento. Teti fece in modo che Callisto non toccasse mai le acque del mare trovandovi riposo, costretta in un moto celeste circumpolare.
«Già ma allora l’Orsa Minore da dove viene?» È plausibile che col mito non c’entri: qualcuno, citando Strabone, avanza che potrebbe trattarsi un’Orsa strumentale, chiamata ‘Orsa’ perché prossima e simile alla maggiore, mutuata dai Fenici per la sua utilità nella navigazione.
L’artico, sia come aggettivo sia come sostantivo, conserva un riferimento al nord, ma in qualità di regione, di emisfero, di calotta, segnata a giro dal circolo polare, col centro al Polo nord. Proprio ‘polo artico’ è un’espressione che in italiano è ricorsa fin da Boccaccio — indicando in maniera più definita un luogo, e quindi ciò che vi si trova e lo caratterizza, piuttosto che una direzione. Così parliamo della fauna artica, del vento artico che si spinge a sud in primavera, delle sorti dei ghiacci artici, dell’accoglienza artica che abbiamo avuto al nostro ritorno.