Bizantino
bi-zan-tì-no
Significato Di Bisanzio, antico nome di Costantinopoli, ora Istanbul; dell’Impero romano d’Oriente; eccessivamente raffinato, decadente; sottile, cavilloso, capzioso, minuzioso, pedante
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo Byzantinus ‘di Bisanzio’, derivato di Byzàntium, dal greco Byzántion.
Parola pubblicata il 14 Febbraio 2024
Quando questa parola cala in una frase, le altre sembrano farle largo. È talmente raffinata e tagliente nel modo che ha di connotare il suo significato, paludata di una tradizione così consolidata, e forte di una figura così icastica, che non potrebbe essere altrimenti. Tutto vero, e adesso la esploriamo: eppure, potrebbe non esserci un ma?
Stiamo parlando di qualcosa che si riferisce alla città di Bisanzio. Bisanzio, poi Costantinopoli e adesso Istanbul, nell’odierna Turchia — una città che come forse sappiamo ha una storia lunga e ricca quanto poche altre al mondo. Con un piede in Occidente e un piede in Oriente, fu fra l’altro la seconda capitale dell’Impero romano, una seconda Roma. Come non di rado usava accadere (in effetti così è stato anche per la prima Roma, con Romolo), trae il suo nome da Byzas, fondatore greco (per la precisione megarese, della regione fra l’Attica e il Peloponneso, che comprende l’istmo di Corinto) che lì impiantò una colonia nel VII secolo a.C.. Peraltro a lui — che con tutta evidenza poteva contare su agganci altolocati — si attribuisce la costruzione della prima cinta di mura della città, eretta con l’aiuto di Apollo e Poseidone, a cui seguiranno nel IV e nel V secolo d.C. le mura costantiniane e le favolose mura teodosiane, che terranno la città al sicuro per l’onesto tempo di mille anni. Perché stiamo parlando di queste mura?
Be’, perché mentre in Occidente l’Impero cadeva, in Oriente no. Da gente d’Occidente, e ancor più da gente d’Italia forse abbiamo qualche difficoltà a riconoscere che quell’Impero là, che sulle mappe colora le terre affacciate al levante del Mediterraneo, sia in effetti un Impero romano. Ma è una difficoltà nostra. Le genti di quelle terre chiamavano sé stesse Rhōmaîoi, cioè ‘Romani’ in greco, e anche nel mondo islamico al-Rūm sono i Romani, cioè gli abitanti dell’Impero d’Oriente. (E be’, senza andar lontani, la Romagna si chiama così perché per secoli l’Impero d’Oriente riuscì a conservarci una testa di ponte nella penisola — quindi c’erano i Romani.) Il termine ‘bizantino’ per qualificare quell’Impero e quella gente è molto, molto posteriore alla conquista di Costantinopoli da parte del sultano ventunenne Mehmet II, nel 1453 — s’ inizia a usare più stabilmente solo alle porte del Settecento. Durante i suoi dieci secoli di vita non usò affatto chiamarlo così.
Possiamo tagliarla in questo modo: ‘bizantino’ è un termine spregiativo. O almeno sminuente, che intende marcare un’alterità: nasce in una mente collettiva che non vuole o non sa riconoscere quella specifica continuità, e che in una certa ignoranza fa emergere il sospetto e l’irrisione di una stranezza.
Già perché per noi ‘bizantino’, nei suoi significati figurati, non vuol dire solo ‘eccessivamente raffinato, opulento e decadente’: è anche il sottile, il cavilloso, il minuzioso, il pedante. Posso parlare dei fasti bizantini della cena di rappresentanza, dell’eleganza bizantina sfoggiata per un’occasione estremamente mondana, ma anche delle tue argomentazioni bizantine, di critiche bizantine mosse all’operato dell’amministrazione, della burocrazia bizantina che ci tocca affrontare.
La realtà dei fatti è che, mentre il nostro Francesco Petrarca piangeva sul manoscritto greco dell’opera di Omero perché non lo sapeva leggere, in Oriente la classe intellettuale non aveva mai perso contatto con gli autori dell’antichità. Le raffinatezze delle lettere, del diritto e delle scienze erano correnti, e al di là di Costantinopoli esistevano centri culturali di importanza capitale — Alessandria, la Siria, Atene. Senza contare che un forte carattere di raffinatezza e formalismo è tipico delle corti alte e magnifiche, non delle corti cenciose (quali erano spesso quelle dell’Europa occidentale nel medioevo profondo): la cesura culturale con l’Occidente era profondissima, e c’era una insuperabile incomunicabilità. Tanto che gran parte di quel sapere, in Occidente, tornò solo con la mediazione araba.
Certo, anche l’Impero d’Oriente ebbe una fine, dopo aver preso e perso pezzi per secoli. Ma solo chi, terribilmente a posteriori, con quel pensiero che ci fa spiaccicare dieci secoli in un attimo, in una tendenza, in una cartina, legga nella sua sorte intera una sorte di rovina può associare il bizantino al decadente — all’ultimo atto, con l’Impero ridotto in pratica alla sola città di Costantinopoli e l’imperatore Costantino XI Paleologo di cui si perdono le tracce quando l’assedio ottomano fa breccia.
Dire che le regole imposte sono bizantine, dire che un arredamento è bizantino è senza dubbio un uso che fa forte effetto, che è capace di incidere sulla nostra fantasia e agganciarsi a un immaginario affascinante, elevato e condiviso. Ma è bene saperlo: il bizantino opulento, raffinato, capzioso, cavilloso, immerso in un languore stanco e annoiato è una fantasticheria.