Alterità

al-te-ri-tà

Significato Condizione di ciò che è altro

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo alteritas, da alter propriamente ‘altro fra due’.

  • «L'alterità del profilo rispetto a quelli che di solito si propongono è evidente.»

Quando incontriamo — magari dopo decenni — una persona che nel volto, nel portamento, nel modo di parlare ci ricorda il nostro compagno di banco a scuola (quanto bene gli vogliamo ancora, anche se non lo vediamo mai!), con tutta la nostra razionalità non possiamo non subire l’influenza di questa eco, di questa corrispondenza fra elementi lontani del mondo. Nutriremo una simpatia innata, sentiremo già la strada aperta a una certa complicità e via dicendo. Anche le parole, con tutto che hanno le loro definizioni belle, precise e diverse squadernate nei dizionari, quando assomigliano ad altre parole finiamo per pensarle in maniera prossima.

L’alterità ci si presenta senz’altro come concetto altèro: con che fierezza, con quale opinione di sé viene usata! A ragione, vista la finezza del suo concetto. Certo, a guardare alla fine del conto, ha una consistenza estremamente semplice: è la condizione dell’essere altro. Però lo sentiamo: non è una spicciola altrità: ha la verve del latinismo, recuperata com’è per via dotta dal latino tardo alteritas. Ma si distingue anche per dei caratteri specifici di significato, che vanno oltre al pedigree e al registro.

Al solito, per coglierne l’unicità dobbiamo trovare i suoi sinonimi, e comprendere il modo in cui sono differenti; ebbene, c’è sostanzialmente un solo grosso sinonimo di questa parola: diversità. Vediamole in azione.

Se parlo della diversità di un paesaggio notturno rispetto a come si presenta di giorno, presento pianamente i due casi come dissimili; se ragiono della diversità di una città rispetto alla sua regione, cerco di cogliere punti di differenza; se noto la diversità di un’intuizione rispetto ad altre che sono state avute in un certo campo, mi accingo al paragone, come quando parlo della diversità di una proposta. È tutto pratico, misurante, attento al confronto. Ma sentiamo come suona in questi casi l’alterità.

Posso parlare dell’alterità di un paesaggio osservato di notte, dell’alterità di una città rispetto alla sua regione, dell’alterità di un’intuizione rispetto ad altre, dell’alterità di una proposta. Qui tutto si fa più sospeso, scontornato, distante: l’altro gode di uno stato indefinito, ha un valore indeterminativo — e l’alterità, con una certa forza, ci proietta ad affrontare una situazione di lieve sgomento, di indecifrabilità. Non analizzo che sì, c’è una diversità, ci sono punti di distanza e divergenza che posso notare: accetto lo spaesamento del fatto che questo paesaggio è altro dal primo, che questa città è altra dalla regione, che è altra l’intuizione, radicalmente altra la proposta, senz’altra determinazione — forse, senz’altra determinazione possibile.

Dopotutto, l’alter latino era propriamente un ‘altro fra due’, e l’alterità marca proprio una dicotomia: c’è una dimensione nota di uguaglianza, abitudine, domesticità — in breve, l’identità — e una dimensione ignota, che è diversa, insolita e forastica — l’alterità, alteramente difficile da penetrare. La condizione di ciò che non è così, ma è in un altro modo.

Parola pubblicata il 31 Marzo 2023