SignificatoComplesso cimiteriale sotterraneo; luogo chiuso e cupo
Etimologia voce dotta recuperata dal latino ecclesiastico catacùmba derivato di cumba ‘avvallamento’, curiosamente preceduto da un adattamento del greco kata nel senso di ‘presso’.
Quando scendiamo nella cantina abbandonata a sé stessa e percepiamo quella tipica atmosfera da catacomba, con tanto di festoni di salnitro al soffitto; quando entrando nella camera o nella classe che non ha preso un filo d’aria — si direbbe — da mesi, in cui il sole filtra a stento e pesa quel netto sentore di catacomba; quando il laboratorio nascosto, o il club rinomato, o la sala prove è in pratica una catacomba, di che cosa stiamo parlando?
‘Catacomba’ è una parola bizzarra. Ha dei significati concreti estremamente precisi, in origine addirittura localizzati geograficamente, poi acquista anche nuovi significati dalle diverse destinazioni d’uso che ha conosciuto, e significati figurati molto incisivi. Però questo nome locale salta fuori in maniera strana, impastato di latino e di greco.
Presso il terzo miglio della via Appia antica, si trovavano degli avvallamenti naturali, chiamati anticamente cumbae. Termine curioso: è una cosiddetta ‘parola viaggiante’, ossia un genere di parole che con poche alterazioni di forma e significato si trovano in un gran numero di lingue diverse, e che solitamente indicano qualcosa di concreto. In latino cumba ha il significato di avvallamento, ma anche di barchetta. Questi alvei naturali, per la gente che abitava la zona, erano posti ideali per seppellire con facilità i morti — anche perché la roccia sotterranea era facilmente scavabile, e permise di creare vere e proprie necropoli sotterranee, labirinti di ambulacri su cui si aprono centinaia di loculi, e a quando a quando piccole sale. Questi luoghi divennero estremamente importanti per la prima cristianità, che li adottò per la sepoltura di fedeli e martiri, e vi trovò rifugio per celebrare le proprie liturgie durante i periodi di persecuzione.
I complessi cimiteriali sotterranei che si trovano in questa zona — fra cui celebri quelle di San Callisto e di san Sebastiano — non sono certo gli unici al mondo, né simili sepolture sono una trovata solo cristiana. L’idea di portare le necropoli sottoterra offre vantaggi interessanti, ed esistono anche catacombe ebraiche, e catacombe sparse in tutta Europa (celeberrime quelle di Parigi, in cui si ammassano ossa a non finire). Però il nome di queste strutture resta quello della strana espressione tarda greco-latina cata cumbas, ‘presso le fosse’, con cui si indicava quella zona vicino all’Appia.
Facile capire l’estensione figurata della catacomba: è un luogo greve per i sensi, opprimente per buio, echi disorientanti, putrefazione. Così diventa il posto chiuso e cupo — volentieri umido, con poca aria, e in cui magari ci si riunisce per qualcosa che pare richieda discrezione. Così sotto la scuola si aprono catacombe in cui giacciono ingialliti compiti in classe di sedicenni ormai morti di vecchiaia, il locale in cui viene suonata una musica squisita si trova in una catacomba del centro, e l’accogliente bilocale che abbiamo affittato per la vancazetta in una città d’arte si rivela un’infame catacomba senza finestre.
Quando scendiamo nella cantina abbandonata a sé stessa e percepiamo quella tipica atmosfera da catacomba, con tanto di festoni di salnitro al soffitto; quando entrando nella camera o nella classe che non ha preso un filo d’aria — si direbbe — da mesi, in cui il sole filtra a stento e pesa quel netto sentore di catacomba; quando il laboratorio nascosto, o il club rinomato, o la sala prove è in pratica una catacomba, di che cosa stiamo parlando?
‘Catacomba’ è una parola bizzarra. Ha dei significati concreti estremamente precisi, in origine addirittura localizzati geograficamente, poi acquista anche nuovi significati dalle diverse destinazioni d’uso che ha conosciuto, e significati figurati molto incisivi. Però questo nome locale salta fuori in maniera strana, impastato di latino e di greco.
Presso il terzo miglio della via Appia antica, si trovavano degli avvallamenti naturali, chiamati anticamente cumbae. Termine curioso: è una cosiddetta ‘parola viaggiante’, ossia un genere di parole che con poche alterazioni di forma e significato si trovano in un gran numero di lingue diverse, e che solitamente indicano qualcosa di concreto. In latino cumba ha il significato di avvallamento, ma anche di barchetta. Questi alvei naturali, per la gente che abitava la zona, erano posti ideali per seppellire con facilità i morti — anche perché la roccia sotterranea era facilmente scavabile, e permise di creare vere e proprie necropoli sotterranee, labirinti di ambulacri su cui si aprono centinaia di loculi, e a quando a quando piccole sale. Questi luoghi divennero estremamente importanti per la prima cristianità, che li adottò per la sepoltura di fedeli e martiri, e vi trovò rifugio per celebrare le proprie liturgie durante i periodi di persecuzione.
I complessi cimiteriali sotterranei che si trovano in questa zona — fra cui celebri quelle di San Callisto e di san Sebastiano — non sono certo gli unici al mondo, né simili sepolture sono una trovata solo cristiana. L’idea di portare le necropoli sottoterra offre vantaggi interessanti, ed esistono anche catacombe ebraiche, e catacombe sparse in tutta Europa (celeberrime quelle di Parigi, in cui si ammassano ossa a non finire). Però il nome di queste strutture resta quello della strana espressione tarda greco-latina cata cumbas, ‘presso le fosse’, con cui si indicava quella zona vicino all’Appia.
Facile capire l’estensione figurata della catacomba: è un luogo greve per i sensi, opprimente per buio, echi disorientanti, putrefazione. Così diventa il posto chiuso e cupo — volentieri umido, con poca aria, e in cui magari ci si riunisce per qualcosa che pare richieda discrezione. Così sotto la scuola si aprono catacombe in cui giacciono ingialliti compiti in classe di sedicenni ormai morti di vecchiaia, il locale in cui viene suonata una musica squisita si trova in una catacomba del centro, e l’accogliente bilocale che abbiamo affittato per la vancazetta in una città d’arte si rivela un’infame catacomba senza finestre.