Seppellire

sep-pel-lì-re (io sep-pel-lì-sco)

Significato Inumare un cadavere; nascondere sottoterra, occultare; ricoprire interamente, assalire, rinchiudere

Etimologia dal latino sepelire, di origine indoeuropea.

Non è un ‘sotterrare’; quello descrive spazialmente un porre sotto un mucchio di terra, magari in una buca. Invece il seppellire, dal suono fortemente scandito in due doppie ma morbido, quasi riverente, ci vuole parlare di faccende rituali un po’ più complesse e antiche. Qualcuno potrà rimanere insoddisfatto da un’etimologia che spiega l’origine (popolare) dal latino ‘sepelire’, senza altro aggiungere; e giustamente, perché ci sono questioni essenziali da tirar fuori.

Il latino sepelire, prima di prendere i significati figurati che in ottima parte sono presenti anche in italiano, ne ha due concreti e centrali: l’inumare e il cremare. E già qui facciamo cortocircuito: nelle alternative circa l’amministrazione dell’ingombro del cadavere, inumare e cremare sono praticamente antitetici, come poteva il sepelire significare sia il mettere sottoterra sia il bruciare? Ebbene, diciamo che questi sono significati strumentali rispetto al primo concetto di questo verbo: compiere riti funebri su un corpo. E senza impelagarci possiamo accennare che questi riferimenti a una procedura perita e riverente sono il nocciolo indoeuropeo del sepelire. Insomma, figurandoci la complessità dell’azione descritta si intende subito che ‘inumazione’ e ‘cremazione’ sono praticamente dei titoli giornalistici.

Nel passaggio in italiano, mercè il fatto che l’inumazione, diciamo pure la sepoltura, in epoca cristiana era diventato l’unico sepelire accettabile, ‘seppellire’ si specifica nel mettere un cadavere in una buca e coprirlo di terra. Bene.

Lasciando stare i cadaveri (merita una menzione in extremis giusto il nesso simpatico fra seppellire e sopravvivere, quello lì ha novant’anni ma ci seppellirà tutti), il seppellire, in virtù di questa nuova immagine unica e univoca della sepoltura, si è esteso a un nascondere sottoterra - per cui il cane seppellisce il cibo per dopo, e io seppellisco un tesoro su un’isola deserta. Con estensioni ulteriori diventa in genere il nascondere, l’occultare: mi torna alla mente un ricordo sepolto che non avevo nemmeno idea di aver perduto, la mia pratica è stata seppellita per non farla procedere, le carte false vengono sepolte fra carte autentiche (sì, ‘sepolto’ e ‘seppellito’ sono entrambi participi vivi e accettati).

Il taglio di un seppellire che dimentica e nasconde si affianca al taglio di un seppellire che aggredisce, che schiaccia e ricopre: oltre alla nevicata che ci ha seppelliti nottetempo e alla frana che seppellì l’antico insediamento conservandolo per sempre, si può parlare del tizio che, scoprendo una conoscenza comune, ci seppellisce di domande su di lei, dell’automobilista che mi ha sepolto di insulti; e se raccontiamo della collega che è stata seppellita con una mansione che l’ha isolata da tutti, o del tizio che si è seppellito in una campagna remota, si può notare la chiave di volta che mette insieme il seppellire come un assalto e un’imposizione di oblio - perché nella sepoltura, anche figurata, resta qualcosa di traumatico: non è un ritiro sereno, è un subire o un chiamare la valanga, la dissoluzione solitaria.

Ma questa recisa consegna all’oblio può anche avere un valore più positivo: i rancori, i conflitti si seppelliscono vivi. Così nemmeno nel nostro moderno seppellire, che pareva tanto vicino al semplice sotterrare, non si possono eludere gli ambigui, enigmatici significati dei riti funebri, intrecciati di amore, di paura.

Parola pubblicata il 22 Aprile 2019