SignificatoComunità monastica; gruppo di persone che condividono interessi comuni; colonia di alghe unicellulari o di ascidie
Etimologia attraverso il latino tardo coenobium, dal greco koinòbion, composto di koinòs ‘comune’ e bìos ‘vita’.
Splendido esempio di come la parola ricercata schiuda significati esatti, meravigliosi e pronti.
‘Cenobio’ significa letteralmente ‘vita in comune’, e descrive sia una comunità, sia il luogo in cui essa vive. È un termine che nasce in seno al fenomeno del monachesimo: questo si sviluppò in Africa (in particolare in Egitto) a partire dal III secolo dopo Cristo; i primi monaci furono eremiti, anacoreti, che cercavano il contatto con Dio attraverso la completa solitudine. Si deve a San Pacomio l’idea di coltivarlo invece in una comunità monastica retta da una regola - un cenobio. Questa intuizione di un monachesimo cenobitico ebbe poi un’eco formidabile in Europa grazie a San Benedetto, che nel VI secolo, con l’Ordine Benedettino, fissò il paradigma di ciò che sarebbe stato, da allora in poi, il monastero: le comunità cenobitiche sarebbero state per secoli poli economici e culturali di prim’ordine - che avrebbero traghettato il sapere attraverso i secoli bui fino alla nuova primavera dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Questa idea di una ‘vita in comune’, regolata e affiatata e volta in una direzione condivisa, è fulminante, e si presta a larghi usi al di là dell’ambito religioso. Si può parlare del cenobio di artisti che si sviluppa in un quartiere della città, del cenobio dei giovani agricoltori che comprano una colonica e della terra, del fervido cenobio di una Casa dello Studente. (Si può estendere a significare in generale il gruppo coeso che condivide interessi, ma senza la vita in comune perde un carattere fondamentale.) Tale mordente ha questa immagine che in botanica e in zoologia sono chiamati cenobi delle colonie di alghe o dei raggruppamenti di ascidie, che mettono in comune certe strutture biologiche.
Una parola da aver presente, perché i cenobi non mancano, e chiamarli col loro nome rende il pensiero raffinato e potente.
Splendido esempio di come la parola ricercata schiuda significati esatti, meravigliosi e pronti.
‘Cenobio’ significa letteralmente ‘vita in comune’, e descrive sia una comunità, sia il luogo in cui essa vive. È un termine che nasce in seno al fenomeno del monachesimo: questo si sviluppò in Africa (in particolare in Egitto) a partire dal III secolo dopo Cristo; i primi monaci furono eremiti, anacoreti, che cercavano il contatto con Dio attraverso la completa solitudine. Si deve a San Pacomio l’idea di coltivarlo invece in una comunità monastica retta da una regola - un cenobio. Questa intuizione di un monachesimo cenobitico ebbe poi un’eco formidabile in Europa grazie a San Benedetto, che nel VI secolo, con l’Ordine Benedettino, fissò il paradigma di ciò che sarebbe stato, da allora in poi, il monastero: le comunità cenobitiche sarebbero state per secoli poli economici e culturali di prim’ordine - che avrebbero traghettato il sapere attraverso i secoli bui fino alla nuova primavera dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Questa idea di una ‘vita in comune’, regolata e affiatata e volta in una direzione condivisa, è fulminante, e si presta a larghi usi al di là dell’ambito religioso. Si può parlare del cenobio di artisti che si sviluppa in un quartiere della città, del cenobio dei giovani agricoltori che comprano una colonica e della terra, del fervido cenobio di una Casa dello Studente. (Si può estendere a significare in generale il gruppo coeso che condivide interessi, ma senza la vita in comune perde un carattere fondamentale.) Tale mordente ha questa immagine che in botanica e in zoologia sono chiamati cenobi delle colonie di alghe o dei raggruppamenti di ascidie, che mettono in comune certe strutture biologiche.
Una parola da aver presente, perché i cenobi non mancano, e chiamarli col loro nome rende il pensiero raffinato e potente.