Falcata

fal-cà-ta

Significato In equitazione, distanza fra due impronte successive della stessa zampa; nel podismo, passo, andatura; passo, specie rapido e ampio

Etimologia da falcare, derivato dell’ipotetica voce del latino parlato falcare, da falcatus ‘munito di falce, a forma di falce’, da falx ‘falce.

Che forma ha un passo? È una domanda strana, poetica: indaga lo sguardo che dà forma ai nostri concetti (uno sguardo che è nostro anche se non lo conosciamo), e ci può far accorgere di come, secondo meccaniche continue, certe parole millenarie siano state reinventate solo di recente coi significati con cui le usiamo.

‘Falcato’, recuperato dal latino falcatus, ha un significato antico: vuol dire ‘munito di falce’, o ‘a forma di falce’ (falx in latino). Ad esempio si può sentir parlare dei terribili carri falcati orientali dei tempi dell’Iliade e dei faraoni, con lame sul mozzo delle ruote, possiamo parlare di una luna falcata che illumina debolmente il profilo del monte, della postura falcata di una statua dalla figura umana. Ora, il falcatus ha dato vita anche al verbo latino falcare, che in italiano è entrato ma è desueto: ha avuto anche i significati che oggi diamo al fratello ‘falciare’, ma con qualcosa in più. Voleva dire innanzitutto ‘piegare a falce’, ed è da qui che nasce la falcata.

Nei racconti dei nostri tempi, e nei nostri stessi discorsi, diamo per scontato che la falcata sia l’atto e la distanza che il piede fa fra un appoggio e il successivo: il personaggio che sta sfuggendo con discrezione all’inseguimento si allontana con falcate rapide, e perfino durante la passeggiata facciamo fatica a stare dietro alle falcate del nostro amico alto due metri. Notiamo che però la falcata non è un passo senza connotazioni, neutro, bianco: ci dà un’idea, seppur generica, di velocità, di scatto, di forza, anche di ampiezza. Difficilmente parleremmo di falcate mosce o di falcate incerte. E c’è un motivo se la falcata ci dà questa idea.

Il significato originale di questo termine ha un dinamismo altissimo: la prima definizione di ‘falcata’ (siamo negli ultimi anni del Seicento) racconta un salto fatto dal cavallo, piegandosi prima sulle zampe didietro e poi slanciandosi in alto e in avanti. La traiettoria che disegna è quella di un balzo a falce. A partire da questa prima idea, la falcata diventa, sempre nell’ambito dell’equitazione, il ciclo di battute a terra delle zampe del cavallo, e la distanza così percorsa misurata fra due impronte successive della stessa zampa — diversa se al passo, al trotto o al galoppo.

Ed è da questa slanciata misura ippica che addirittura a metà del Novecento la parola passa al podismo, raccontando il passo d’atleta in corsa, l’andatura. E da qui, sotto lo scadere del millennio, la falcata si normalizza nel profilo non necessariamente sportivo del passo ampio e rapido — talmente recente che ancora, di solito, i dizionari continuano a riportarlo solo nelle accezioni ippiche e podistiche.

La falciata della falcata, nel suo procedere di passo, non è più la mezzaluna di un salto che piomba in avanti; e però nel movimento della gamba, che col piede traccia un arco deciso e avanza, possiamo forse intravedere in altro senso e con altra immagine l’arcuata decisione di una falciata che spazza e incede.

Parola pubblicata il 13 Luglio 2022