SignificatoParlare in modo sconnesso per febbre, delirio o simili; dire cose assurde
Etimologia da farnetico, che è dal latino phreneticus ‘delirante’, a sua volta dal greco phrenēsis ‘delirio’.
Graecia capta ferum victorem cepit. ‘La Grecia conquistata conquistò il fiero vincitore’: in questo modo sintetico e proverbiale il poeta latino Orazio descrisse la strana interazione fra Romani e Greci — i primi soverchiarono i secondi con la forza militare (la terrificante distruzione di Corinto è del 146 a.C), ma da quel momento l’influenza culturale greca su Roma, già intensa, divenne determinante.
È anche per via di questa interazione che una quantità impressionante di parole greche ci arriva in italiano attraverso il latino, sia in voci dotte sia in voci ereditarie, popolari. A ben vedere, è un passaggio che hanno vissuto quasi tutte quelle che non sono formazioni moderne. Ebbene, il latino aveva mutuato dal greco il phreneticus (secondo alcuni da phrenetikos, secondo altri, molto sicuri, direttamente da phrén ‘mente’). Questo phreneticus latino è il delirante, il pazzo, il folle; e ha dato un duplice frutto in italiano.
Per via dotta ha originato il ben noto frenetico (molto vicino all’originale latino): oggi lo usiamo soprattutto per descrivere qualcosa o qualcuno che ha un movimento febbrile, convulso, ma nasce proprio descrivendo l’inquietudine della pazzia, del delirio. Per via popolare invece il phreneticus è stato bellamente storpiato nel farnetico, da cui il farneticare. Il suono si fa immediatamente più largo e vagamente ridicolo.
Il primo riferimento è sempre alla patologia che investe la mente: descrive un modo di parlare sconnesso, inconseguente, sconclusionato caratteristico del delirio, della febbre, dello stato confusionale. Il frenetico coinvolge la persona in maniera più totalizzante, invece, non si limita alla coerenza delle parole. Dopo la notizia enorme farneticavo, scottavi e farneticavi così ho chiamato il medico, ed è sempre difficile essere d’aiuto per la persona che a lato della strada farnetica fra sé.
Ma questo modo di parlare si estende al di là dello stato patologico — diciamo al di là di ogni stato di salute preoccupante. Farneticare significa, comunemente, dire spropositi, assurdità, cose irragionevoli: «Potresti accompagnarmi tu all’aeroporto.» «Alle tre di notte? Farnetichi.», sono stato mezz’ora sull’autobus a sentire un signore che farneticava sulle minacce incombenti più fantasiose, e il testimone ha semplicemente farneticato, e se ne sono accorti tutti.
C’è una considerazione tradizionale dello sragionare, nel farneticare: ha qualcosa di domestico, blandamente grottesco, perfino imbarazzante. Appare in fondo debole, innocuo, penoso — e perciò di una bizzarra amichevolezza. Insomma, il febbrile del frenetico prende la piega di uno straparlare che parte rapido e si scolla dalla realtà nell’incomprensibile intimità della follia.
Graecia capta ferum victorem cepit. ‘La Grecia conquistata conquistò il fiero vincitore’: in questo modo sintetico e proverbiale il poeta latino Orazio descrisse la strana interazione fra Romani e Greci — i primi soverchiarono i secondi con la forza militare (la terrificante distruzione di Corinto è del 146 a.C), ma da quel momento l’influenza culturale greca su Roma, già intensa, divenne determinante.
È anche per via di questa interazione che una quantità impressionante di parole greche ci arriva in italiano attraverso il latino, sia in voci dotte sia in voci ereditarie, popolari. A ben vedere, è un passaggio che hanno vissuto quasi tutte quelle che non sono formazioni moderne. Ebbene, il latino aveva mutuato dal greco il phreneticus (secondo alcuni da phrenetikos, secondo altri, molto sicuri, direttamente da phrén ‘mente’). Questo phreneticus latino è il delirante, il pazzo, il folle; e ha dato un duplice frutto in italiano.
Per via dotta ha originato il ben noto frenetico (molto vicino all’originale latino): oggi lo usiamo soprattutto per descrivere qualcosa o qualcuno che ha un movimento febbrile, convulso, ma nasce proprio descrivendo l’inquietudine della pazzia, del delirio. Per via popolare invece il phreneticus è stato bellamente storpiato nel farnetico, da cui il farneticare. Il suono si fa immediatamente più largo e vagamente ridicolo.
Il primo riferimento è sempre alla patologia che investe la mente: descrive un modo di parlare sconnesso, inconseguente, sconclusionato caratteristico del delirio, della febbre, dello stato confusionale. Il frenetico coinvolge la persona in maniera più totalizzante, invece, non si limita alla coerenza delle parole. Dopo la notizia enorme farneticavo, scottavi e farneticavi così ho chiamato il medico, ed è sempre difficile essere d’aiuto per la persona che a lato della strada farnetica fra sé.
Ma questo modo di parlare si estende al di là dello stato patologico — diciamo al di là di ogni stato di salute preoccupante. Farneticare significa, comunemente, dire spropositi, assurdità, cose irragionevoli: «Potresti accompagnarmi tu all’aeroporto.» «Alle tre di notte? Farnetichi.», sono stato mezz’ora sull’autobus a sentire un signore che farneticava sulle minacce incombenti più fantasiose, e il testimone ha semplicemente farneticato, e se ne sono accorti tutti.
C’è una considerazione tradizionale dello sragionare, nel farneticare: ha qualcosa di domestico, blandamente grottesco, perfino imbarazzante. Appare in fondo debole, innocuo, penoso — e perciò di una bizzarra amichevolezza. Insomma, il febbrile del frenetico prende la piega di uno straparlare che parte rapido e si scolla dalla realtà nell’incomprensibile intimità della follia.