Frescura

fre-scù-ra

Significato Aria, brezza piacevolmente fresca

Etimologia da fresco, dall’ipotetica voce germanica occidentale frisk, col suffisso -ura.

Parola modesta, che difficilmente si fa notare; scivola in discorsi leggeri senza pretese, passa portando un significato garbato e piacevole. Premesse normali per quelle parole che poi si rivelano veri groppi di significato, in mezzo a cui si trovano stretti certi tratti dell’identità dei nostri pensieri.

La frescura ci chiede di parlare di ‘fresco’. Termine banalotto, se non ci facciamo venire in mente che unisce in sé l’assurdamente poetica congiunzione del freddo e del nuovo. Una congiunzione probabilmente già rinvenibile nella sua radice germanica. Fresca è la sera, fresca è la bellezza del bocciolo — e meraviglia, questa radice raccontava innanzitutto (e racconta ancora) il non salato, il non fermentato, il non conservato. La freschezza dell’acqua e del cibo ci mostra un tratto di novità e giovinezza, e invitò alla mente poetica dei popoli del passato una sensazione di piacevole freddo, distante dallo sfacelo del calore. Così il nuovo si lega a una temperatura — in una maniera tanto profonda, sì, ma anche talmente arbitraria che attraverso esperienze diverse maturiamo pure il suo opposto (pensiamo alla novità calda calda).
Peraltro la diffusione capillare di questo termine nelle lingue derivate dal latino fa pensare che la sua radice germanica fosse già penetrata in latino prima della caduta dell’Impero.

Inquadrato il ‘fresco’, dobbiamo cercare di mettere a fuoco quel suffisso, ‘-ura’: come sappiamo, spesso è l’impalpabile tono del suffisso a determinare la parte insieme più volatile e impressionante delle parole.
Il più delle volte ‘-ura’ è un suffisso che traghetta una parola da verbo a sostantivo — pensiamo alla cottura, alla tessitura — ma in realtà ha sviluppato funzioni variegate, pensiamo al valore collettivo che conferisce alla frittura. Si tratta di un meccanismo che si può ricostruire già per il latino parlato, ad esempio pensando a come il calère ‘aver caldo’ dia origine alla calura. Questi sostantivi si portano dietro un alone, se non di un’evidente derivazione verbale, almeno di un’azione, il profilo di un certo dinamismo — apprezzabile anche quando il suffisso non si applica a un verbo, ma a un aggettivo, come nel caso della frescura.

La frescura è ben più mobile del fresco. Non è uno stato, fermo, cristallizzato. Inoltre il fresco (come il caldo) può essere del tutto scontornato, privo di circostanze, concepibile astrattamente — estati fresche e inverni miti. Invece la frescura (come la calura) ci racconta sempre una situazione precisa in cui è calata, e non solo. Non posso parlare della frescura di una terrazza, di un pontile senza comunicare primariamente la sensazione che tale frescura mi suscita in cuore, che insiste solo in parte sulla schietta temperatura, e si compone anche di sollievo, di leggerezza, di liberà, di piacere.

Posso parlare della frescura di cui godiamo sulla barca a remi, sotto l’ombra del salice proteso sull’acqua; posso parlare della bella frescura in cui restiamo a chiacchiera alla fine della cena sul patio, passata in cara compagnia; posso parlare della frescura della biblioteca in cui ci rifugiamo dopo pranzo.

Certo, sulla barca ci sarà fresco, fresco sul patio dopo cena, fresco in biblioteca; ma scegliere il termine ‘frescura’ significa scegliere, per la propria comunicazione, di sfogliare una situazione e la sensazione che suscita, arricchire la frase con il movimento di quella brezza, la desiderabilità dell’ombra, il senso di ristoro, l’effetto che ha sulla psiche. Perché sì, dicevamo all’inizio che è una parola modesta che scivola e passa, ma nondimeno si prende il suo tempo e il suo spazio: non si accontenta di una denotazione essenziale, porta nel discorso un germe di condivisione sfaccettata e profonda.

Parola pubblicata il 23 Agosto 2022