Etimologia derivato di incantare, voce dotta che riprende il latino incantare, derivato di cantare ‘recitare formule magiche’, con in- intensivo.
Questa parola avrebbe potuto spaziare in una grande vastità di significati, e invece è approdata su un lido semantico piuttosto circoscritto - ma delizioso.
Quel suffisso ‘-evole’ ci parla di un’attitudine attiva, di una capacità, e in questo caso è quella di incantare, di tessere e gettare una magia, in particolare di genere seduttivo, magnetico (si potrebbe dire una magia charmant, ma sarebbe una tautologia, visto che etimologicamente lo charme francese ci riporta al carme latino e al cantare). Vale sempre ricordarlo, per quanto abbia poi acquisito un senso generale: la magia dell’incantesimo nasce proprio come magia di formule intonate a voce.
Ora, se si parla di magie ammalianti si parla di un arcipelago culturale immenso; e invece l’incantevole ha steso l’asciugamano giusto sugli incanti della grazia e della bellezza - tutto schietta meraviglia, ammirazione, suggestione che rapisce. È incantevole la musica di pianoforte che proviene dalla finestra aperta al primo piano; incantevole il ritratto che il cameriere trova schizzato a matita sulla tovaglietta di carta; incantevole lo scorcio che si apre fra due tronchi, nel parco, così come il sorriso dell’adolescente, così come il pomeriggio di primavera profumato di glicine.
Il riconoscimento dell’incantevole è un affare sensibile, e infatti l’uso di questo aggettivo può suonare affettato, nei contesti in cui certe ricercate delicatezze non càlzino. Ma proprio in questi casi l’incantevole mostra la sua potenza di cortese ipocrisia e di ironia garbata: quando la zia ci mostra fiera il nuovo terrificante arredamento di casa sua ripetiamo ‘incantevole, incantevole’; e all’amico che ci mostra il suo nuovo tatuaggio di un motore coi pistoni che esplodono diciamo che è incantevole, senz’altro.
Questa parola avrebbe potuto spaziare in una grande vastità di significati, e invece è approdata su un lido semantico piuttosto circoscritto - ma delizioso.
Quel suffisso ‘-evole’ ci parla di un’attitudine attiva, di una capacità, e in questo caso è quella di incantare, di tessere e gettare una magia, in particolare di genere seduttivo, magnetico (si potrebbe dire una magia charmant, ma sarebbe una tautologia, visto che etimologicamente lo charme francese ci riporta al carme latino e al cantare). Vale sempre ricordarlo, per quanto abbia poi acquisito un senso generale: la magia dell’incantesimo nasce proprio come magia di formule intonate a voce.
Ora, se si parla di magie ammalianti si parla di un arcipelago culturale immenso; e invece l’incantevole ha steso l’asciugamano giusto sugli incanti della grazia e della bellezza - tutto schietta meraviglia, ammirazione, suggestione che rapisce. È incantevole la musica di pianoforte che proviene dalla finestra aperta al primo piano; incantevole il ritratto che il cameriere trova schizzato a matita sulla tovaglietta di carta; incantevole lo scorcio che si apre fra due tronchi, nel parco, così come il sorriso dell’adolescente, così come il pomeriggio di primavera profumato di glicine.
Il riconoscimento dell’incantevole è un affare sensibile, e infatti l’uso di questo aggettivo può suonare affettato, nei contesti in cui certe ricercate delicatezze non càlzino. Ma proprio in questi casi l’incantevole mostra la sua potenza di cortese ipocrisia e di ironia garbata: quando la zia ci mostra fiera il nuovo terrificante arredamento di casa sua ripetiamo ‘incantevole, incantevole’; e all’amico che ci mostra il suo nuovo tatuaggio di un motore coi pistoni che esplodono diciamo che è incantevole, senz’altro.
È essa stessa una parola incantevole.