Intonazione

in-to-na-zió-ne

Significato In musica: incipit melodico del canto gregoriano; breve composizione introduttiva per tastiera; accordatura comune a due o più strumenti; capacità di riprodurre uno o più suoni con il canto; temperamento. In linguistica la tonemica studia l’intonazione sillabica e quella di frase, indagando come le differenti altezze del tono della voce possano acquisire funzione distintiva. In senso figurato: accostamento armonioso, coerente

Etimologia dal latino tònus, ossia ‘tensione di una corda; accento; intervallo fra due note; chiaroscuro’, dal greco tónos ‘tensione’, derivato dalla radice di teíno ‘tendere’.

Dal termine latino tŏnus, in italiano ne sono derivati molti che, proprio per l’originale significato, sono d’argomento musicale: tono, tonalismo, tonalità, tonico, atono, semitono, sintonia, intonare, stonare, e così via. Una buona intonazione è il presupposto imprescindibile per ogni esecuzione musicale; riguarda la sfera pratica, ma è vincolata a quella teorica.

Nel canto gregoriano è un incipit melodico, solitamente intonato dal sacerdote o da un cantore prima dell’ingresso delle altre voci, come in questo Magnificat.

Nel 1593 furono stampate le prime Intonationi d’organo di Andrea e Giovanni Gabrieli «sopra tutti li dodeci toni della musica». Seguirono pochissimi titoli analoghi, forse perché gli organisti improvvisavano intonationi anche senza scriverle.

Con la locuzione «dare l’intonazione» s’intende, invece, la pratica d’accordatura che precede un’esecuzione. Il primo violino o l’oboe suonano il La a 440 Hz e tutta l’orchestra si uniforma a quel La. Alcuni ricorderanno la strana cacofonia che si crea in quel momento, a cui segue subito dopo un breve silenzio. E finalmente comincia la splendida armonia della musica!

Ma l’accezione primaria è anche la meno conosciuta; infatti rimanda a un sistema, detto ‘temperamento’, in base al quale i suoni della scala si relazionano uno con l’altro secondo determinati rapporti più o meno eufonici (che producono un bel suono).

Sin dai tempi remoti le relazioni tra i suoni furono organizzate secondo intervalli espressi da proporzioni numeriche. Nell’antica Grecia, all’intonazione pitagorica, in cui tali valori erano calcolati matematicamente con l’aiuto del monocordo, detto ‘canone’, si contrapponeva l’intonazione naturale (o sintonica), secondo la quale i valori erano ricavati empiricamente. I seguaci del primo metodo erano perciò chiamati ‘canonisti’, quelli del secondo ‘armonisti’.

Questa dicotomia costituì i termini estremi di una quaestio che sarà dibattuta sino ai giorni nostri. Insomma, accordare due strumenti con lo stesso La a 440 Hz, non significa che entrambi suoneranno sempre tutte le stesse note. Vale a dire, per esempio, che un Mi (o qualunque altra nota di uno dei due strumenti), potrebbe non corrispondere allo stesso Mi sull’altro, perché l’intonazione degli strumenti senza tasti può variare nel corso dell’esecuzione. È palese che un pianoforte, una volta accordato, non potrà mutare la sua intonazione durante il concerto, mentre un violino potrà farlo continuamente.

Purtroppo, l’antico temperamento naturale teorizzato dagli harmonikoi non è praticabile armonicamente se non transitando su pochissimi accordi. Per attenuare questi problemi, nel corso della storia della musica furono escogitati differenti sistemi d’intonazione, detti appunto temperamenti. Le successioni scalari di suoni sono concepite sempre secondo un compromesso, escogitato per valorizzare la musica che si sta suonando. Così, dal temperamento pitagorico, valido per la musica monodica come il canto gregoriano o per la proto-polifonia gotica, si passò al temperamento mesotonico, utilizzato nella musica del Cinquecento. Successivamente, nell’epoca barocca alcuni studiosi legarono il proprio nome a temperamenti storici divenuti famosi. Tra i più conosciuti: Andreas Werckmeister, Francesco Antonio Vallotti e Johann Philipp Kirnberger. Quest’ultimo fu allievo di Johann Sebastian Bach, che compose il celebre Das Wohltemperirte Clavier, in italiano Il clavicembalo ben temperato.

Il compromesso a cui si è giunti oggi con gli strumenti da tasto (pianoforti, chitarre, tastiere elettroniche, ecc.) è il temperamento equabile, che divide matematicamente l’ottava in dodici semitoni perfettamente equidistanti tra loro, pur non rispettando la purezza degli intervalli. Il rapporto 1:12√2 darà infatti il valore di un semitono equabile.

L’intonazione, inoltre, è influenzata da fattori spesso inscindibili e legati al contesto, come l’acustica ambientale, il volume, il tempo e perfino il timbro. Forse, però, l’influenza più rilevante proviene dall’aspettativa del nostro orecchio, forgiata sulle regole dell’intonazione nella fucina della cultura d’appartenenza.

Fuori dall’ambito musicale, un uso consueto è quello che si riferisce all’intonazione dei colori fra i capi d’abbigliamento. Nella tonemica l’intonazione assume invece carattere distintivo anche in una sola parola: «sicuro?» e «sicuro!» hanno grafia e pronuncia identica, ma significato diverso. Chiaro? Chiarissimo! Almeno spero…

Parola pubblicata il 11 Ottobre 2020

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