Kalokagathìa (καλοκἀγαθία)
Significato Il modo di comportarsi proprio di una persona nobile e onesta
Etimologia voce del greco antico, crasi dell’espressione kalós kai agathós ‘bello e buono’.
Parola pubblicata il 31 Maggio 2016
Le parole intraducibili - con Carlotta Lancia
Con Carlotta Lancia, giovane laureata in Glottologia e Linguistica a "La Sapienza", un martedì ogni due vedremo il mito di una "parola intraducibile" - fra comparazione linguistica, bufale e significati sorprendenti.
Quello in questione è un termine del greco antico, una lingua che ormai non viene più parlata e ha con il greco moderno lo stesso rapporto che intercorre tra italiano e latino. Eppure la Grecia è stata la culla della civiltà occidentale e il greco che si parlava ad Atene nel V secolo a.C. continua ad essere studiato in Italia e all’estero, quindi, augurandoci che questa tradizione prosegua per un periodo di tempo ancora molto lungo, penso sia importante tenere in considerazione anche questa lingua, cosiddetta “morta”.
Questo termine nasce inizialmente come derivato dall’aggettivo indicante “(l’uomo) nobile e onesto” o, letteralmente, “bello e buono” καλοκἀγαθός, che a sua volta è frutto dell’unione di tre termini καλός καί ἀγαθός, attraverso un procedimento detto crasi, per cui due parole, una terminante e l’altra iniziante per vocale, si fondono in una parola sola. Non ci interessano qui i vari passaggi fonetici che hanno portato al risultato che ci si trova davanti nei testi degli autori greci, piuttosto ci soffermeremo sul fatto che questi due aggettivi ricorressero talmente tanto spesso insieme e sempre riferiti ad un uomo, che alla fine siano passati a creare un concetto a sé stante.
Per l’uomo greco il bello καλός, infatti, era anche buono ἀγαθός, così non era possibile che un uomo, nel senso più nobile del termine, specialmente se ricopriva una carica politica, fosse brutto, ma buono, oppure bello, ma cattivo. Messa in questi termini, i greci sembrano un popolo di individui leggeri e superficiali, ma, a ben guardare, non è certo così: la bellezza, infatti, per un greco non corrispondeva a ciò che intendiamo noi oggi, ma ricopriva ogni aspetto umano, dall’estetica al modo di essere, a quello di comportarsi, di pensare, ed è proprio in virtù di questo concetto, che riunisce qualità oggi ben distinte nella nostra cultura, che un uomo bello non poteva non essere buono.
E, certamente, un uomo scelto per rappresentare il popolo non poteva essere che
καλοκἀγαθός, bello e buono, motivo per cui la καλοκἀγαθία divenne anche un titolo onorifico con cui omaggiare chi si fosse distinto tra i cittadini.
Oggi la traduzione, però, non può essere letterale, perché appunto rischieremmo di non cogliere la profondità di un concetto simile e dobbiamo cercare, quindi, qualche perifrasi che possa avvicinarsi ad esso, come appunto “nobiltà e onestà”.
Infine, farei notare che questa nozione era così radicata nella mentalità ellenica, che creò una vera e propria famiglia lessicale, con un aggettivo, anche al grado comparativo, un verbo, un avverbio e un sostantivo, il che fa capire quanto fosse importante per i greci che i membri della propria società perseguissero la καλοκἀγαθία.