SignificatoArte di evocare gli spiriti dei morti per fini divinatori; magia
Etimologia voce dotta recuperata dal tardo necromantia, prestito dal greco nekromantéia, composto di nekro- ‘necro-’ e mantéia ‘-manzia’.
Per una parola, avere dei significati vaghi può essere un punto di forza: non dire del tutto, dire lasciando intendere, adombrare può fare una grande impressione. Con ‘negromanzia’ lo vediamo in maniera speciale: nonostante il suo nome greco faccia dei riferimenti espliciti, prende significati fortemente sfocati, in un’ampiezza d’uso che arriva perfino al generico — in un’atmosfera enigmatica, incisiva.
A naso, anche senza avere le idee troppo chiare, sappiamo che ‘negromanzia’ ci racconta qualcosa di magico, e non di una magia rassicurante e benefica. In particolare non è difficile leggerci dentro l’elemento -manzia, che ha un’ascendenza greca e si riconduce a mántis ‘indovino, profeta’: quando la troviamo a comporre una parola, significa che contribuisce coi significati di ‘predizione’, di ‘pratica di divinazione’ — ad esempio la chiromanzia è la pratica divinatoria della lettura della mano, la cartomanzia delle carte. Ma se chiromanti e cartomanti si trovano in ogni fiera di paese, difficilmente vi troveremo negromanti.
Il suo primo elemento risale al necro-, con un riferimento piano ai morti (in greco nekrós è proprio ‘morto’) — tant’è che si può trovare anche la variante necromanzia. La negromanzia è innanzitutto la pratica magica dell’evocazione dei morti, sotto forma di apparizioni o fisicamente, al fine di interrogarli per conoscere l’inconoscibile, che sia il futuro o un sapere arcano. Una pratica che alla fiera paesana provocherebbe forse un po’ di scompiglio, e farebbe allontanare i passeggini: da sempre ha il profilo di una magia poco innocua, e il commercio con gli spiriti, oltre ad essere tendenzialmente truculento, di rado è inteso come qualcosa di non pericoloso, specie se sconfina nel riportare in una qualche forma di vita di qua i morti.
Anche per questo abbiamo recepito questa voce, fin dal Duecento, come ‘negromanzia’: per sovrapposizione del riferimento al necro-, alla morte, con il nero, alla magia nera. Negromante non è solo e strettamente gente come la maga Ericto o Eritone di cui narra la Pharsalia di Lucano, che rianima un soldato morto in battaglia per rivelare a Pompeo Magno il suo destino, ma in genere la persona che eserciti una magia potente — di solito oscura, ma nemmeno troppo. Ad esempio la quinta novella della decima giornata del Decameron, nell’intestazione, tratteggia come «Madonna Dianora domanda a messer Ansaldo un giardino di gennaio bello come di maggio. Messer Ansaldo con l’obligarsi ad uno negromante gliele dà» (e tale negromante si rivela persona squisita e liberale). Sono quindi stati chiamati col nome di negromante anche spiritisti, occultisti, alchimisti in genere.
Così potremo raccontare di come il vecchio amico dalla testa leggera si sia messo con una pretesa negromante che alla prima cena ci racconta di aver parlato coi nostri nonni, della collezione di tomi negromantici alle spalle della professoressa che tiene la videoconferenza, del collega appassionato di negromanzia che ci chiede di accompagnarlo a raccogliere la rugiada del primo plenilunio di maggio, astragali e gigli selvatici.
E così notiamo il modo in cui la negromanzia mostri un peso distintivo rispetto alla semplice magia: hanno in comune la capacità di descrivere non un atto (come malìe, sortilegi e incantesimi), ma una disciplina ampia; e però ‘negromanzia’, come ‘negromante’, imposta un’aura meno fatua e più icastica, anche là dove non sconfini nell’empio.
Per una parola, avere dei significati vaghi può essere un punto di forza: non dire del tutto, dire lasciando intendere, adombrare può fare una grande impressione. Con ‘negromanzia’ lo vediamo in maniera speciale: nonostante il suo nome greco faccia dei riferimenti espliciti, prende significati fortemente sfocati, in un’ampiezza d’uso che arriva perfino al generico — in un’atmosfera enigmatica, incisiva.
A naso, anche senza avere le idee troppo chiare, sappiamo che ‘negromanzia’ ci racconta qualcosa di magico, e non di una magia rassicurante e benefica. In particolare non è difficile leggerci dentro l’elemento -manzia, che ha un’ascendenza greca e si riconduce a mántis ‘indovino, profeta’: quando la troviamo a comporre una parola, significa che contribuisce coi significati di ‘predizione’, di ‘pratica di divinazione’ — ad esempio la chiromanzia è la pratica divinatoria della lettura della mano, la cartomanzia delle carte. Ma se chiromanti e cartomanti si trovano in ogni fiera di paese, difficilmente vi troveremo negromanti.
Il suo primo elemento risale al necro-, con un riferimento piano ai morti (in greco nekrós è proprio ‘morto’) — tant’è che si può trovare anche la variante necromanzia. La negromanzia è innanzitutto la pratica magica dell’evocazione dei morti, sotto forma di apparizioni o fisicamente, al fine di interrogarli per conoscere l’inconoscibile, che sia il futuro o un sapere arcano. Una pratica che alla fiera paesana provocherebbe forse un po’ di scompiglio, e farebbe allontanare i passeggini: da sempre ha il profilo di una magia poco innocua, e il commercio con gli spiriti, oltre ad essere tendenzialmente truculento, di rado è inteso come qualcosa di non pericoloso, specie se sconfina nel riportare in una qualche forma di vita di qua i morti.
Anche per questo abbiamo recepito questa voce, fin dal Duecento, come ‘negromanzia’: per sovrapposizione del riferimento al necro-, alla morte, con il nero, alla magia nera. Negromante non è solo e strettamente gente come la maga Ericto o Eritone di cui narra la Pharsalia di Lucano, che rianima un soldato morto in battaglia per rivelare a Pompeo Magno il suo destino, ma in genere la persona che eserciti una magia potente — di solito oscura, ma nemmeno troppo. Ad esempio la quinta novella della decima giornata del Decameron, nell’intestazione, tratteggia come «Madonna Dianora domanda a messer Ansaldo un giardino di gennaio bello come di maggio. Messer Ansaldo con l’obligarsi ad uno negromante gliele dà» (e tale negromante si rivela persona squisita e liberale). Sono quindi stati chiamati col nome di negromante anche spiritisti, occultisti, alchimisti in genere.
Così potremo raccontare di come il vecchio amico dalla testa leggera si sia messo con una pretesa negromante che alla prima cena ci racconta di aver parlato coi nostri nonni, della collezione di tomi negromantici alle spalle della professoressa che tiene la videoconferenza, del collega appassionato di negromanzia che ci chiede di accompagnarlo a raccogliere la rugiada del primo plenilunio di maggio, astragali e gigli selvatici.
E così notiamo il modo in cui la negromanzia mostri un peso distintivo rispetto alla semplice magia: hanno in comune la capacità di descrivere non un atto (come malìe, sortilegi e incantesimi), ma una disciplina ampia; e però ‘negromanzia’, come ‘negromante’, imposta un’aura meno fatua e più icastica, anche là dove non sconfini nell’empio.