Neuma
nèu-ma
Significato Nella notazione della musica medievale e in quella gregoriana, segno grafico che indica una o più note da eseguirsi in corrispondenza di una sillaba del testo
Etimologia dal latino medievale neuma (neupma, pneuma), dal greco neûma ‘segno’ e pneûma ‘soffio, respiro’, che in latino prende il significato di emissione musicale della voce, prodotta con un unico fiato.
Parola pubblicata il 17 Settembre 2023
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Secondo le cronache di San Gallo, amena cittadina elvetica, nel 790 papa Adriano inviò a Carlomagno una copia dell’Antifonarius cento tramite due cantori, Pietro e Romano. Si trattava di un libro di canti sacri ‘centonizzati’, ossia raccolti da più fonti riunite insieme, andato perduto. Il codice era nientemeno che quello attribuito tradizionalmente a Gregorio Magno e doveva servire da antigrafo, prototipo, per la redazione di tutti i libri di canto liturgico. Se la storia può suonare falsa, il movente no, poiché s’intendeva davvero unificare la tradizione liturgica d’Europa.
Dunque il primo cantore, Pietro, sarebbe arrivato a Metz, in Francia, fondando la scuola metense da cui si sarebbe irradiata la cultura musicale in quella regione e oltre. Sempre secondo il racconto (per la cronaca… il cronachista è Eccardo IV di S. Gallo, dell’XI secolo), Romano giunse invece all’abbazia di S. Gallo e si ammalò. Costretto a soggiornare più a lungo del previsto, diede vita alla scuola che diffuse quel canto nel cuore dell’Europa.
Cosa rimane di autentico? Intanto, nello scriptorium dell’abbazia di San Gallo, una delle più antiche d’Europa, nel IX secolo furono prodotti i primi manoscritti con notazione neumatica. Questa inizialmente fu ‘adiastematica’ (dal greco alfa privativo e da diástēma, intervallo) o ‘in campo aperto’, ovvero con segni non posizionati su linee, come avverrà ad esempio nel moderno pentagramma. Quando vennero introdotti sistemi più accurati per definire gli intervalli, divenne ‘diastematica’, con i neumi disposti su una o più righe al fine di definire l’altezza intervallare.
Una pagina dal Codice Sangallese 359.
I segni accuratamente apposti sopra al testo sono neumi in campo aperto
I secoli del Medioevo erano bui, letteralmente. L’illuminazione era scarsa perfino nelle chiese; le candele erano usate solo in occasioni speciali. Ma i neumi più antichi dei libri corali erano vergati minutamente rispetto alla calligrafia usata per il testo, sopra al quale erano annotati. Infatti, i cantori si disponevano in piedi tutti insieme davanti a un solo libro corale, che troneggiava alto su un imponente leggio, posto abbastanza lontano per poter essere visibile dall’intero gruppo. Per leggere i neumi, però, sarebbe stata necessaria una vista d’aquila e così si doveva ricorrere alla memoria. L’unica persona che in quella situazione poteva servirsene con agio era probabilmente il magister chori che, trovandosi direttamente di fronte al grosso libro, era in grado di distinguere i segni con chiarezza sufficiente per poterli suggerire agli altri cantori.
I monaci passavano perciò tutta la vita imparando canti, un’impresa che oggi avrebbe messo a dura prova nerd e secchioni incalliti. Ai più bravi bastavano sei mesi per memorizzare i salmi, centocinquanta in tutto, ma i meno dotati impiegavano da due a tre anni. E le antifone erano addirittura circa tremila! Era assolutamente necessario apprendere le tecniche mnemoniche, e probabilmente quando il repertorio dei canti aumentò, si tentò di escogitare ulteriori mezzi di supporto.
I primi neumi erano appunto semplici segni di ausilio per riportare alla mente la melodia. Ne indicavano l’andamento, come una sorta di trascrizione grafica del gesto chironomico, ma erano ambigui perché non definivano l’altezza delle note ed era necessario conoscere già il canto.
Si pensa che quei piccoli segni abbiano avuto origine dalla trasformazione degli accenti grammaticali dell’oratoria greca e latina. Parlando delle ligature, ne abbiamo già conosciuti quattro: punctum, virga, clivis e pes. Dai primi due, derivati rispettivamente dall’accento grave e da quello acuto, discenderanno la breve e la lunga della notazione musicale mensurata, ossia quella che distingue figure e pause in base ai rapporti temporali. Dagli altri due, provenienti dagli accenti circonflesso e anticirconflesso, deriveranno proprio le ligaturae.
Il neuma, talvolta indicato come pneuma, ‘soffio’ in greco, assunse anche il significato di breve motivo, o di formula su un’unica sillaba che definiva il modo del canto liturgico.
Severo e altero, il neuma fa ancora parte del lessico specialistico del canto gregoriano, ma qualche eccentrico lo usa beatamente fuori contesto. Così, il Neuma con l’iniziale maiuscola è diventato anche nome proprio: di persona, di prodotti commerciali o di gruppi musicali.