Aquila

Parole bestiali

à-qui-la

Significato Nome comune di diverse specie di uccelli rapaci, appartenenti alla famiglia Accipitridae

Etimologia dal latino aquila, di origine incerta.

  • «Non è un'aquila.»

Se il leone è il re degli animali terrestri, l’aquila domina incontrastata sui cieli, dove può elevarsi fino a 3 km d’altezza (non per nulla l’aquilone prende il nome da lei). Anche la sua forza è leggendaria: i suoi artigli sono dieci volte più forti di una mano umana e può sollevare prede che pesano la metà di lei, o – per alcune specie – addirittura quanto lei.

Non stupisce quindi che l’aquila sia stata presa a emblema dalle potenze di mezzo mondo: dall’Impero persiano a quello romano, dagli Asburgo agli zar di Russia, per arrivare agli Stati Uniti che ancor oggi si fregiano del simbolo dell’aquila di mare testabianca. In Italia le abbiamo persino dedicato una città, il capoluogo dell’Abruzzo (il cui nome però è legato anche ad aqua, per via delle molte sorgenti che vi si trovano).

Vari popoli ne hanno fatto poi un’icona della divinità. Da Odino a Zeus, infatti, gli dei hanno sempre apprezzato la compagnia delle aquile (utili peraltro come portafulmini) e lo stesso legame è rimasto anche con Cristo. Perfino nel Signore degli anelli le aquile sono il deus ex machina che risolve la situazione in modo insperato.

Manzoni dunque non avrebbe potuto trovare un paragone più azzeccato per l’Innominato, che, “come l’aquila dal suo nido insanguinato”, domina il territorio e non riconosce nessuna autorità sopra di sé, neppure quella divina.

Peraltro è proprio il caso di dire che l’Innominato gode della “vecchiaia dell’aquila”, un’espressione assai bella benché caduta un po’ in disuso. Descrive infatti una vecchiaia in cui alla buona salute si uniscono la dignità e la saggia autorevolezza conferite dall’esperienza. Una condizione che contrasta con la sventatezza propria talvolta della gioventù (“vecchiaia d’aquila, giovinezza d’allodola”, recita il detto completo).

Va detto, però, che alla possanza fisica dell’aquila non corrisponde in realtà un’intelligenza altrettanto sviluppata, benché la nostra lingua lo presupponga (quando diciamo che una persona “non è un’aquila” intendiamo che è un po’ tonta). Le aquile infatti sono meno sveglie di altri uccelli, come i corvi e i pappagalli, e ben lontane dalle menti raffinate dei primati. Del resto non si può pretendere troppo, visto che quasi metà del loro cranio è occupato dagli occhi.

È verissimo infatti che questi animali possiedono una “vista d’aquila”, acuta a livelli fantascientifici. Fatte le debite proporzioni, se noi vedessimo come loro potremmo scorgere una formica camminare sul marciapiede dall’alto di un edificio di dieci piani. Come se non bastasse le aquile hanno una visione a 340° (contro i nostri miseri 180) e vedono più colori di noi, compreso l’ultravioletto.

In passato si diceva anche che, grazie ai suoi occhi straordinari, l’aquila fosse in grado di fissare il sole senza danno, motivo per cui Dante la prende a paragone per la sua Beatrice che gli fa da guida nel Paradiso. Anche Cesare, finito tra gli spiriti del limbo, possiede per Dante occhi da rapace, cioè “grifagni”, ma in un senso diverso: qui l’accento non è sull’acutezza, bensì sull’aspetto vivido, fiero e minaccioso.

Ben minore prestigio ha invece il naso aquilino, ossia prominente e gobbo come il becco dell’aquila. Eppure sembra che questo tratto abbia contribuito al leggendario fascino di Cleopatra, che tanta parte ebbe nelle sorti dell’Impero Romano. Perciò Pascal filosofeggiò che, “se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, forse tutta la faccia della terra sarebbe stata diversa.”

Parola pubblicata il 08 Maggio 2023

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.