Altezza

Leopardi spiega parole

al-téz-za

Significato Una delle tre dimensioni di un corpo, quella che esprime la distanza verticale tra la sua estremità inferiore e quella superiore; distanza o elevazione da terra; in senso figurato nobiltà, eccellenza

Etimologia dal latino tardo altitia (variante del classico altitudo), formatosi come nome astratto dall’aggettivo altus.

Nessuno oserebbe uguagliarsi a Dante nell'altezza della mente; tutti nell'altezza dell’amore. Ma l'amore di Dante fu anche più raro che il suo genio; e pazzi sono gli uomini a stimarlo facile a tutti.

Nel quarto capitolo delle sue Confessioni d’un italiano, Ippolito Nievo ci offre questo interessante spunto di riflessione: la suggestione per cui, laddove tutti riusciamo in qualche modo ad accettare la superiorità altrui in termini di genialità e intelletto, nessuno di noi è invece disposto a considerare il proprio amore come non straordinario.

Altezza vale infatti qui come eccellenza, nobiltà, sublimità: qualcosa di qualitativamente non comune, posto ad un livello — metaforico — più elevato rispetto alla media.

Possiamo ricordare con lo stesso valore la struggente terzina dantesca con cui Cavalcante de’ Cavalcanti si rivolge al poeta, cercando notizie del figlio Guido:

[...] Se per questo cieco
carcere vai per altezza d’ingegno,
mio figlio ov'è? e perché non è teco?

Inferno X, vv. 58-60

E così altezza d’animo, altezza di sentimenti, altezza di pensieri, sua Altezza reale: sopratutto nella lingua letteraria, l’uso figurato di questa voce ha da sempre goduto di una notevole fortuna, potremmo dire parallela a quella del significato alla lettera.

Ciò avveniva già nel latino classico dove l’aggettivo altus — da cui in epoca tarda è venuto formandosi il neologismo altitia — aveva una forte identità metaforica, che non svettava unicamente verso l’alto, nel senso di sublime, ma si inabissava anche verso il basso come profondo: così in Catullo (carme 68) Sed tuus altus amor barathro fuit altior illo” non può che tradursi come “Ma il tuo amore profondo fu più profondo di quel baratro”.

Ai giorni nostri la possibilità metaforica di questa voce permane in quell’espressione — che, diciamocelo, mette forse un po’ troppo sotto pressione — “essere all’altezza di” che sia un ambiente, una situazione, una persona.

Quanto al suo significato letterale, si tratta di una parola davvero comunissima, che avremo ripetuto centinaia di volte e in contesti piuttosto diversi tra loro.

C’è l’altezza di tutti i giorni, quella da misurare prima di andare da Ikea per evitare di ritrovarsi con quell’armadio dal nome impronunciabile che non entra nella camera da letto; c’è poi quella da compito in classe, che moltiplicata per la base ci rivela l’area del rettangolo, oppure l’altezza della tal nota musicale forse tentata con eccessivo coraggio da quel certo cantante di Sanremo.
Se l’amica con cui devi incontrarti ti dice che si è parcheggiata “all’altezza del parco”, saprai di non dover misurare nulla con il metro.
E c’è ancora quella del tipo “da quest’altezza si vede tutto!” che si potrebbe dire dalla terrazza di uno Sky Bar di Bangkok, come in cima al Kilimangiaro e così in vetta alla piramide di Chichén Itzá.

Quando Leopardi, nello Zibaldone, la inserisce tra le sue affezionate «parole e idee poetiche», pensa alla maestosità di quelle altezze naturali e artificiali che svettano in tutta la loro grandezza: tale genere di altezza, ci dice, che sia «di un edifizio o di una fabbrica qualunque sì di fuori che di dentro, di un monte ecc. è piacevole sempre a vedere».

La fascinazione nasce qui dall’avere di fronte qualcosa di così eminente che lo sguardo non riesce ad abbracciarne per intero i contorni in un unico momento: questo crea nella mente quella sensazione di indeterminato e vago così cara al poeta, in quanto capace di accendere in noi la fantasia e farla vibrare libera nelle direzioni più disparate.

Ciò che ci meraviglia è dunque il punto di vista da cui il poeta sta guardando: non dalla cima, in contemplazione del panorama, ma dal basso, piedi per terra e occhi all’insù.

Ispirati da questo sguardo leopardiano, potremmo cogliere l’invito a osservare da una prospettiva differente, a spostare il punto di vista e cercare la bellezza anche nelle cose — e nelle parole apparentemente più comuni.

Parola pubblicata il 04 Aprile 2022

Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni

Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.