Baratro

bà-ra-tro

Significato Precipizio, voragine; rovina

Etimologia voce dotta recuperata dal latino bàrathrum, prestito dal greco bárathron ‘voragine’, che in particolare indicava una voragine vicino ad Atene.

C’era presso Atene una voragine che veniva utilizzata per scagliarvi dentro i condannati a morte. Ci finivano i criminali politici, ci finivano gli ambasciatori impertinenti (come quelli di Serse di Persia). Si trovava nel demo di Keiriàdai, di collocazione che oggi è incerta, ma probabilmente poco a overst dell’Acropoli, su una ridente collina. Era il bárathron.

E in effetti in greco quello è rimasto il baratro per antonomasia, nonostante bárathron fosse un nome comune per indicare una voragine. Adattato dai latini in bàrathrum, ci arriva come voce dotta (molto presto, è già in Dante). Pare comunque ci sia un lontana parentela che affonda nel protoindoeuropeo fra il baratro e la voragine, entrambi collegati all’inghiottire.

Nella famiglia dei suoi sinonimi spicca per i suoi tratti di terrore e allo stesso tempo concretezza. L’abisso ha un odore mitico, precipizi, burroni e dirupi, sono verticalità normali del nostro territorio. In maniera simile alla voragine (e ci si può leggere l’eco del suo senso primigenio che gravita su un divorare), il baratro è irrimediabile, sdrucciolo: non restituisce nulla. Anche se forse più della voragine è scuro, atro, e meno considerato nella superficie che squarcia, più profondo (nella strada diciamo che si apre una voragine, più che un baratro).

Questo senso di irrimediabilità della caduta si vede anche nel significato esteso di rovina che prende il baratro — una rovina materiale e morale, uno smarrimento abissale. E in effetti solo l’abisso, con toni più epici (una moneta più difficile da spendere), si spinge su significati del genere. La voragine al massimo ci parla di una spesa continua, di un buco di bilancio, non di una situazione complessiva che va oltre al denaro. Invece leggiamo che lo Stato flagellato dalla guerra si trova sull’orlo del baratro (espressione ormai plastificata), del baratro di vizi in cui ci precipita la vacanza al mare, del baratro di rabbia in cui ci fa scivolare un’offesa.

Una parola che nel nostro lessico è fortissima, per senso e suono — anche senza aggiungerci l’immagine del precipizio divoratore ateniese.

Parola pubblicata il 02 Giugno 2020