Contemplare

con-tem-plà-re (io con-tèm-plo)

Significato Guardare a lungo e con interesse, stupore, raccoglimento, concentrazione; meditare lungamente, specie questioni spirituali o filosofiche; prevedere, prendere in esame

Etimologia voce dotta recuperata dal latino contemplari ‘osservare, considerare’, derivato di templum ‘porzione di cielo’.

  • «Sto contemplando la possibilità di andare comunque.»

Già si tratta di una parola che collochiamo in una sfera d’esperienza estremamente alta, il grado forse massimo della mente analitica, con larghissima frequentazione nel mistico; ma noi qui possiamo alzarla ancora un po’ rispetto alla rapidità con cui è normalmente intesa, ripercorrendone la meravigliosa origine — che ci porterà a ritagliare il cielo e a capire la radice del concetto di ‘tempio’.

Non sono poche le persone che sanno come in tempi antichi tanta parte della divinazione passasse per il cielo. Le posizioni e le congiunzioni degli astri, le traiettorie del volo degli uccelli, il corso delle folgori erano segni e quasi gesti calligrafici delle divinità, che potevano essere letti e interpretati da chi avesse la scienza per farlo. Questo resta parte della conoscenza comune sul passato remoto.

Ma il cielo non era sempre un lenzuolone da guardare tutto, come in un oroscopo. Per certi auspici, era necessario tagliare il cielo, creando un foglio, una finestra che il sacerdote avrebbe osservato, in cui si sarebbe manifestato il messaggio divino. Ma come è che si taglia il cielo?

Giunti sul colle prescelto, l’augure alza il lituo, un breve bastone dalla punta ricurva della tradizione etrusca (che poi si farà spirale e allungherà, quando lo impugneranno i vescovi col nome di ‘pastorale’); con quello, traccia i contorni della porzione di cielo che leggerà, in cui la divinità scriverà chiaramente il futuro. Questo specifico gesto rituale prepara il contemplare originario — un ‘osservare’ calato nel ritaglio celeste.

Il templum era precisamente la parte delimitata del cielo che l’augure individuava in questo modo, una parte limitata e consacrata, così come sulla terra era limitata e consacrata la superficie del templum, del tempio (secondo fonti autorevoli, il significato di ‘recinto consacrato’ procede da quello di ‘porzione di cielo’, difatti prima di arrivare ad essere ‘santuario’ passa per i significati di ‘veduta, ampia distesa’, e di ‘monte’). L’origine di questo termine, templum, è comunque dibattuta. C’è chi vuole risalga una grande radice indoeuropea che indica il taglio (ipoteticamente ricostruita come da-), e chi, forse con qualche ragione in più, individua una radice temp- con il significato di ‘allungare’ e quindi ‘misurare’.

Ad ogni modo, il nostro contemplare è innanzitutto un guardare a lungo, con interesse, con stupore, con ammirazione, con curiosità — ma soprattutto con raccoglimento. E qui ‘guardare’ è un verbo fuori fuoco, perché già in latino è più ampiamente un riflettere, un considerare (altro verbo della divinazione latina ed etrusca, che ci ha dato così tanti concetti). S’inizia contemplando una porzione di cielo, si continua contemplando panorami aspri ed elevati, la caponata fumante della mamma, l’opera d’arte che abbiamo studiato a lungo e al cui cospetto siamo per la prima volta; ma in una sera di maggio posso anche contemplare il mistero dell’esistenza, contemplare l’immensità dell’universo perdendomi nelle stesse o stando sdraiato al sole, contemplare l’alternativa di che cosa sarebbe successo se, o contemplare un problema matematico irresolubile; insomma il contemplare è un raccoglimento, una concentrazione spirituale o filosofica.

Fatto questo percorso straniante o estatico, il contemplare si riscuote quando è un più semplice prevedere, prendere in esame — al modo in cui lo fanno regolamenti, leggi, progetti, stili di vita. Così il caso d’incertezza è espressamente contemplato nel regolamento del gioco, la norma non contempla il caso del cliente ma ne regola uno che si vuole dimostrare analogo, contempliamo mete aggiuntive per il viaggio, mentre lo zio non contempla altri bicchieri se non i calici.

Parola splendida, così ricca, suggestiva e profondamente radicata anche nella normalità dei nostri giorni — non è certo astrusa. Ma dentro ci possiamo ritrovare il gesto antico del sacerdote, forse nostro nonno, che segna il cielo col bastone, in maniera invisibile e sovrumana. (E quando non c’è nessuno in giro, possiamo provare anche a rifare quel semplice gesto, e vedere di nascosto l’effetto che fa.)

Parola pubblicata il 31 Maggio 2023