Clientelare

cli-en-te-là-re

Significato Che si basa su uno scambio di favori fra personaggi influenti e cittadini

Etimologia derivato di clientela, voce dotta recuperata tale e quale dal latino, che è da cliens ‘cliente’.

Il volto del cliente, dall’antica Roma a noi, è mutato in maniera sostanziale. Ma non univoca: se parlare di ‘cliente’ oggi ci fa pensare subito a chi compra da un negozio (quello lì, che secondo l’adagio ha sempre ragione), si capisce subito che termini come ‘clientelismo’ o ‘clientelare’ con lui c’entrano poco. Il cliente, nel passaggio in italiano (siamo nel Cinquecento), ha maturato una doppia anima.

La clientela era un rapporto giuridico che legava un patronus e un cliens, due uomini liberi: il primo, influente e facoltoso, dava al secondo una vasta protezione, gli assicurava una vita dignitosa con prebende e magari intercedendo per un appezzamento di terra pubblica, e gli garantiva assistenza in tribunale; il secondo dava al primo il proprio appoggio politico. Si legge che i cliens erano anche tenuti al pagamento del riscatto nel caso in cui il patronus fosse caduto prigioniero in battaglia, e a sostenerlo nelle spese per l’accesso alle cariche politiche — e questo ci dà la dimensione di quanto antico fosse questo istituto: nella Roma arcaica perfino la forbice fra patrizio e schiavo non era esageratamente ampia, quindi aveva senso che nello sforzo economico eccezionale il cliente potesse aiutare il patrono. Ma quando, specie dall’ultimo arco del periodo repubblicano, la diseguaglianza economica fra ricchi e poveri si allarga all’incomparabile (un incomparabile che conosciamo benissimo anche ai nostri tempi), una simile previsione si fa… residuale. Da un lato ci sono capitalisti con patrimoni faraonici, dall’altro puri nullatenenti.

Quindi abbiamo un cliente che, in cambio di qualche pranzo, di una sportula con vivande e pochi sesterzi, di protezione in caso di emergenza, si vota devotamente a un signore, cui tributa il suo più fedele appoggio, con onori rituali dei più grotteschi — ma soprattutto garantendo al patronus, insieme alla massa dei suoi compari clienti, l’appoggio di un soggetto politico rilevante. Perché anche la persona più ricca, potente e autocratica ha bisogno degli altri, almeno da usare, e una massa reticolare di clienti fa sempre comodo.

Questo è il cliente di cui parliamo quando usiamo l’aggettivo ‘clientelare’, che peraltro, curiosamente, è recentissimo (si parla degli anni ‘60). Si dice clientelare la dinamica, il complesso di relazioni che si basa su scambi di favori fra cittadini e personaggi influenti: io ti favorisco affiliandoti la mia goccia di potere, tu mi favorisci dandomi una goccia di ricchezza, di sicurezza, di realizzazione. Si può smascherare la rete clientelare che con scambi miserabili portava voti al candidato, il figlio si assicura il sostegno della commissione grazie alle politiche clientelari del padre, e quello che sembrava un mero sistema clientelare rivela una matrice mafiosa.

È vero: il clientelare, il clientelismo sono invariabilmente giudicati negativi, anche se l’istituto arcaico dei nostri progenitori stringeva un patto di solidarietà, rispettoso e degno, fra uomini liberi. Ma guardando meglio, nel I secolo avanti Cristo così come nel XXI dopo, vediamo persone isolate nel mare in tempesta della vita che si stringono intorno a qualcuno che possa evitar loro la miseria, la fame, l’insignificanza, e non c’è niente di nuovo sotto il sole.

Parola pubblicata il 05 Settembre 2019