Numerazione
nu-me-ra-zió-ne
Significato Sistema dei numeri e la loro rappresentazione; l’atto di numerare; piano di numerazione nazionale (telefonia)
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo numeratio, derivato da numerus, ‘numero’.
Parola pubblicata il 29 Dicembre 2023
Parole della scienza classica - con Aldo Cavini Benedetti
La lingua è costellata di termini che parlano della scienza antica e classica, e dei suoi protagonisti. Con Aldo Cavini Benedetti, un venerdì su due recupereremo la loro splendida complessità.
Numerare, enumerare, contare, sono parole che hanno a che fare con i numeri; ma sono sinonimi? Iniziamo da enumerare: vuol dire elencare, ad esempio fare la lista dei pregi o difetti di qualcosa contandoli sulle punte delle dita, in un’attività il cui collegamento con i numeri è assolutamente secondario. Viceversa il cuore del contare sono proprio i numeri: contiamo le cose per sapere quante sono, e per farlo pronunciamo i numeri in fila, a partire da uno. Numerare qualcosa significa invece abbinare i numeri alle cose, anche se non è detto che la cosa avvenga secondo un ordine preciso: per fare un esempio, in molti grattacieli si passa dal dodicesimo al quattordicesimo piano per non cozzare contro la scaramanzia dei clienti. La numerazione delle cose può quindi essere arbitraria: i numeri civici delle strade pari da un lato e dispari dall’altro, canali televisivi assegnati secondo chissà quali criteri e via dicendo. Per tornare quindi alla domanda iniziale, i tre verbi elencati non sono affatto sinonimi, e l’unico di essi che sia davvero aritmetico è quello del contare; ma prima di contare è necessario avere adottato un sistema di numerazione, sia orale che scritto, altrimenti, senza regole precise, persino i numeri perdono di significato.
Partiamo da una domanda facile: qual è il numero rappresentato dalle cifre 111? La risposta è… dipende, infatti bisogna stare attenti a non confondere un numero con la sua rappresentazione. Lo stesso numero centoundici potrebbe essere infatti rappresentato in numeri romani come CXI, oppure con 1101111 nel sistema di numerazione binario, quello usato internamente dai computer; viceversa, la combinazione di cifre 111 può valere sette nello stesso sistema binario oppure, leggendo la cifra 1 come la lettera I, il numero tre nel sistema dei numeri romani. Dunque la combinazione di cifre 111 rappresenta sì il numero centoundici, ma solo all’interno del sistema di numerazione decimale.
I sistemi di numerazione sono sostanzialmente di due tipi, additivo e posizionale. Cominciamo dalla lingua parlata: quando diciamo centoundici, stiamo sommando un centinaio ad una decina ad una unità; allo stesso modo settantatré è la somma di settanta, ovvero sette decine, più tre unità: non c’è dubbio che questo sia un sistema additivo, in cui ogni informazione fornita si somma alle altre.
Passiamo ai numeri scritti. Il primo sistema di numerazione è stato quello unario, in cui ogni tacca rappresentava una singola cosa: il numero centoundici sarebbe stato rappresentato con una serie di 111 tacche, non proprio semplici da interpretare; infatti vennero presto adottate delle… abbreviazioni, come nei numeri romani che adottano simboli che rappresentano la cinquina, la decina, la cinquantina, il centinaio e avanti.
I sistemi posizionali sono invece quelli in cui pochi simboli vengono usati con significati diversi a seconda della loro posizione. Ecco che il solito numero 111 significa, nel sistema decimale, un centinaio più una decina più un’unità: sono questi i numeri sui quali, fin dalle scuole primarie, impariamo a fare le operazioni, divisioni (a più cifre!) comprese: qualcuno ricorda come si calcolano?
Quest’ultima domanda può sembrare una provocazione, quindi la circostanzieremo meglio. Ecco un aneddoto risalente al XV secolo, quando i numeri decimali non si erano ancora affermati del tutto e si continuavano ad usare i numeri romani: Un commerciante tedesco desidera che a suo figlio venga impartita una buona istruzione commerciale, quindi chiede in giro informazioni sulla scuola da fargli frequentare. Gli viene risposto: Se tale istruzione deve limitarsi all'addizione e alla sottrazione, forse è sufficiente un’università tedesca; per le moltiplicazioni e divisioni, molto meglio una italiana.
Il problema era reale. Proviamo a calcolare quanto fa 297 + 728 usando i numeri romani. La tecnica era di intercalare i simboli che costituiscono i due numeri, poi partire da destra e contarli: sostituire ogni gruppo di cinque I con una V, poi ogni gruppo di due V con una X, e così via. Un lavoro improbo solo per un’addizione; ed infatti già il metodo di calcolo per le moltiplicazioni diventava, come abbiamo visto, argomento di studio universitario!
Tutto questo per dire che è ben vero che i numeri sono sempre esistiti, ma ci è voluto un bel po’ per riuscire a scriverli in maniera efficiente; e finché non è stato adottato un buon sistema di numerazione, come quello decimale che oggigiorno diamo per scontato, l’aritmetica è rimasta un’arte riservata a pochissimi. È un peccato che ai bambini che vanno a scuola l’aritmetica sembri un’angheria, perché in realtà è il risultato di millenni di studi e affinamenti. D’altra parte, non hanno alcun problema a scambiarsi i numeri di cellulare (di dieci cifre!) già da giovanissimi. Dunque, numeri sì, o numero no?