Pirofila

pi-rò-fi-la

Significato Tegame da cucina in materiale resistente al calore e al fuoco

Etimologia femminile sostantivato di pirofilo, composto dagli elementi di origine greca piro-, da pŷr, ‘fuoco’, e -filo, da philía, ‘amicizia’.

In un mondo di pentole e tegami, di padelle e teglie, di casseruole e paioli — un mondo culinario in cui è chiaro come il sole che ogni termine è stato usato e ammaccato nei millenni come ciò che descrive — la pirofila spicca come un’astronave. Ma senza stonare.

A vederla, pare di ascendenza nobiliare, grecissima. Che gli antichi ateniesi usassero pirofile ornate con foglie d’acanto per infornare le orate con le fave, generosamente condite?
No. ‘Pirofila’ è un termine fatto con antichissimi elementi greci, ma italianissima — attestata nel 1954, anche se il suo vero grande successo l’ha avuto nell’ultima ventina d’anni.

È arrivata in commercio con la spavalderia della nuova trovata tecnologia, teglia spesso trasparente, di un materiale che sembra normale vetro, o magari ceramica, e che però è pirofila, cioè resiste al fuoco — anzi ne è amica affine, come ci spiegano gli elementi derivati dal greco pŷr, ‘fuoco’, e philía, ‘amicizia’.

Ovviamente anche le teglie d’acciaio sarebbero pirofile, a meno di non optare per una cottura rapida in altoforno: il punto è proprio la sorpresa, il fatto che un certo materiale di cui è fatto questo contenitore da cottura sembri di quelli che alla fiamma o all’alto calore si spaccano, e invece no. Così questo grecismo (non astruso, va detto, anzi piuttosto immediato) si è fatto spazio nelle nostre cucine.

In effetti, però, continua ad avere un tratto di distinzione che si fa notare. Se ti dico di infornare la pirofila ecco il grembiule stirato, i guanti da forno lindi, probabilmente sei anche pettinato e il cibo è certo di una finezza schietta; se ti dico di infornare il tegame sto scegliendo un termine spiccio e bassotto, probabilmente te lo sto urlando dall’altra stanza — anche se è davvero tutta una questione di tempo, di acclimatamento, di usura: il tegame ci arriva nell’epoca della caduta di Costantinopoli, nientemeno che dal bizantino tegánion, che deriva dal classico téganon, che è… be’, la padella.

Così con i punti del supermercato ci guadagniamo una splendida pirofila griffata a un prezzo gonfiato solo di poco, inciampando proiettiamo contro il muro la pirofila con la parmigiana di melanzane, e delle sedici pirofile che ingombrano la credenza non ce n’è una che sia della misura che ci serve. Quanta grazia!

Parola pubblicata il 24 Agosto 2025