Smammare

smam-mà-re (io smàm-mo)

Significato Levarsi di torno, andarsene via

Etimologia dal napoletano smamma’, ‘svezzare’, da mamma col senso di ‘mammella’ e prefisso sottrattivo s-, col significato di ‘allontanare dalla mammella’.

Quando ciò che stiamo facendo ci occupa e assorbe completamente, e non tolleriamo che qualcuno ci stia in mezzo ai piedi, piuttosto che attingere all’immenso patrimonio delle scurrilità che la nostra lingua ci apparecchia possiamo dire semplicemente: ‘Smamma’. Ialino, conciso, efficace, denso di sottintesi cristallini per chi ci intralciava con petulanza.

Ora, nonostante gli onori nazionali, ‘smammare’ ha natali di regionalismo, in particolare napoletano. La sua origine si collega a un fatto basilare quanto può esserlo l’allattamento, ed etimologicamente, con l’evidente formazione intorno a ‘mamma’, ci riporta a una dimensione ancestrale. Non stiamo solo parlando di una parola che, come ci capita spesso di considerare, ha una radice condivisa fra le lingue indoeuropee. Con ‘mamma’ parliamo di un termine quasi universale, che addirittura certi studiosi riportano a un’ipoteticissima lingua proto-sapiens, parlata al principio della prima migrazione della nostra specie fuori dall’Africa. È costruito a partire dalle prime sillabe dell’infante, ma-ma, a cui già adulti di tempi remoti non vedevano l’ora di attribuire significati — e fra quelli più vicini e di facile lettura c’erano quelli di mamma e di mammella.
Il napoletano smamma’, è uno ‘svezzare’: qui il ‘mamma’ è da leggere proprio come ‘mammella’, e lo smammare ha come nucleo di significato l’allontanare dalla poppa.

È interessante notare l’esito brusco di questo verbo — mentre lo ‘svezzare’ conserva un tratto lezioso, nel suo riferimento al vizio, tradizionale e assurdo. Tutti i mammiferi svezzano la prole, e la saggezza popolare ha saputo fotografare quest’azione nella sua plasticità un po’ ferina e anche, a suo modo, violenta.
Chiunque abbia avuto una cucciolata di cani in casa avrà visto come la madre stanca, esasperata, cerchi di togliere i capezzoli ai cucciolotti ormai belli cresciuti che invece di attaccarsi dovrebbero rivolgere le loro attenzioni a tutto il mondo intorno e a cibi di altro genere. Le madri umane, poi, hanno il loro bel daffare con i piccoli determinati a continuare a prendere il seno, anche se sono ben cresciuti.

L’allattamento è estremamente fisico, un momento di contatto che ha tanto corpo, e questa fisicità si riflette con forza sulla sua interruzione, che continua nello smammare-togliersi di torno. Quando diciamo a qualcuno di smammare, lo facciamo mettendoci in una posizione maggiore quale è quella dell’adulto; allo stesso tempo sminuiamo la sua presenza, che si fa ingombro e scocciatura, insensata e infantile quanto un capriccio o una bizza o un gioco ignaro di ciò che l’adulto invece sta facendo o ha da fare. «Mi metto in cucina per preparare la torta, vedi di smammare.» «Ancora qui? Smamma!» «Sto studiando, vedi di fare silenzio o di smammare!» Ma lo percepiamo anche in prima persona, «Non tira una bella aria, io smammo»: così è un verbo che ci rimpiccolisce.

Parola pubblicata il 28 Luglio 2024