Tonalità
to-na-li-tà
Significato Sistema gerarchico che regola il linguaggio melodico e armonico di una composizione musicale; grado d’intensità, di volume o di timbro della voce e del suono. Intensità di colore
Etimologia derivato da tonale, dal latino tonus ‘tensione, suono, accento’.
Parola pubblicata il 28 Febbraio 2021
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Il termine tonalità è relativamente recente, pur tradendo evidenti origini dal tŏnus latino, col significato di tensione di una corda, accento, o intervallo fra due note, ma anche chiaroscuro. Similmente ad altre parole latine, è un prestito dal greco tónos, tensione.
I significati comuni di questo termine nella lingua italiana si riferiscono al grado d’intensità di un colore o di un suono. Comprenderne l’accezione in campo musicale è più difficile, nonostante siano stati scritti fiumi d’inchiostro al riguardo. Forse, però, potrà interessare avvicinarsi al significato di una formula come ‘sinfonia in Do maggiore’.
Azzardando un paragone con i pigmenti, la tonalità potrà conferire un ‘colore’ caratteristico e coerente all’intera composizione. Mantenendoci su un piano puramente percettivo e riducendo al minimo i tecnicismi, nel linguaggio tonale ogni composizione utilizza le note di una determinata scala. Il primo grado di quella scala darà il nome alla tonalità. Se la scala inizia da Do, la tonalità si chiamerà Do maggiore, o Do minore; se comincia da Re, sarà Re maggiore, o Re minore, e così di seguito. Inoltre, nella tonalità possiamo distinguere due soli ‘modi’: maggiore e minore. Si è soliti dire, semplificando, che il modo minore sia adatto a esprimere sentimenti languidi, tristi, diciamo ‘a tinte fosche’ (infatti, Requiem, Stabat Mater o marce funebri sono prevalentemente in modo minore). Il modo maggiore, invece, sarà adatto a comunicare sensazioni gioiose, serene, luminose. Ma siccome uno degli elementi fondanti della musica è il ritmo, anche l’andamento più veloce o più lento può influire sul carattere della composizione. Perciò, a volte una tonalità in modo minore può suscitare sensazioni tutt’altro che cupe (per esempio, la sinfonia n. 40 di Mozart), mentre una maggiore può indurre malinconia (come l’aria Ombra mai fu di Händel).
Anche la scelta di una tonalità, semplicemente più acuta o più grave, può influenzare il ‘colore’ di una composizione, rendendola scura, brillante, morbida, o nervosa. Per citare un caso emblematico, questo è il celeberrimo adagio beethoveniano dalla ‘Sonata al chiaro di luna’, in una versione facilitata in Re minore, trasposta un semitono sopra. Qui invece è l’originale, in Do# minore. È vero che i due pianisti sono di evidente livello diverso; tuttavia, quel mezzo tono in più, o in meno, contribuisce a creare un clima differente tra le due performances.
Nella definizione ho detto che la tonalità è un sistema gerarchico. Infatti, ogni tonalità utilizza una scala i cui elementi, a seconda del proprio ruolo, si muovono seguendo linee guida, a volte obbligate.
Tralasciando concetti come ‘tono’ e ‘modo’ nella musica prebachiana, la tonalité moderne fu definita così per la prima volta da Alexandre-Étienne Choron nel Sommaire de l’histoire de la musique (1810). Choron riconobbe che la tonalità fu messa a punto dalla scuola napoletana del Settecento, almeno per quanto riguardava la pratica.
Naturalmente la tonalità si sviluppò con un processo lento, che si compì durante alcuni secoli. La polifonia rinascimentale aveva avviato, infatti, i mutamenti che sfoceranno nel nuovo sistema che porterà alla musica come la intendiamo oggi nel mondo occidentale. Tutto cambia, e così, in tempi moderni, anche i concetti classici della tonalità sono stati contestati e stravolti, ma questa è un’altra storia.