Marcia
màr-cia
Significato Incedere militare, o sportivo, o manifestando in corteo; rapporto di cambio di un motore o di un meccanismo; musica che accompagna una marcia; componimento inserito in forme musicali più ampie (sinfonie, oratori, ecc.)
Etimologia dal francese marcher, originariamente ‘pestare con i piedi’, e da radice proto-sassone markōn ‘imprimere un segno con i piedi, calcare’.
Parola pubblicata il 16 Agosto 2020
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Per noi umani il primo modo di ‘marcare il territorio’ è quello di calcarlo, passarci sopra con i piedi. È possibile, perciò, che da quest’atto derivino imposizioni, come quelle di militari in assetto di marcia che occupino, o difendano, una terra. La forza impressa è tale che, anche spostandosi nel campo musicale, probabilmente la prima marcia che viene in mente è sempre quella militare, cioè una composizione in stile semplice, ma dal ritmo deciso e ripetitivo, che segna il passo dei soldati (in tempi moderni solo in pacifiche sfilate, per fortuna). Anche Fratelli d’Italia (link), usato come nostro inno nazionale, è in tempo di marcia.
Del resto, la musica processionale era parte integrante della cultura occidentale sin dai tempi delle tragedie greche, quando parodos ed exodus del coro erano accompagnati dal canto e dal suono dell’aulos. Sia la marcia militare che quella intesa come forma d’arte, hanno il prodromo comune nella classicità ellenica.
Virgilio nell’Eneide descrive il suono degli strumenti come mezzo efficace per eccitare l’ardore degli eserciti in battaglia, ispirandosi alle teorie filosofiche della Grecia antica che, pur nella diversità, attribuivano alla musica la capacità di plasmare l’animo umano, inducendo determinati comportamenti: una sorta di persuasione occulta ante litteram, molto efficace.
All’inizio del Cinquecento le nazioni d’Europa avevano peculiari codici sonori distintivi, che impiegati in battaglia potevano identificare un esercito, tanto quanto le insegne dei suoi stendardi.
Jean-Baptiste Lully (che, ricordiamo, era fiorentino e si chiamava Giovanni Battista Lulli) e André Philidor l’aîné (1647 circa – 1730) composero le prime marce espressamente a fini militari. Lully, però, utilizzò la marcia in maniera più libera; una delle sue composizioni del genere più note è la magnifica Marche pour la cérémonie des Turcs (1670) (link).
Probabilmente la marcia militare più famosa del Settecento è la Marseillaise (link) di Claude-Joseph Rouget de Lisle, scritta nel 1792 con il titolo Chant de guerre pour l’armée du Rhin (Canto di guerra per l’esercito del Reno), che divenne l’inno nazionale francese che tutti conosciamo. Eppure, marce militari furono composte da tanti maestri celebri, compresi Händel, Haydn, Mozart e Beethoven.
Attraversando alterne fortune, la marcia militare si adattò a varî fattori: mutamenti politico-culturali, innovazioni tecniche degli strumenti a fiato, e perfino l’invenzione del sassofono (1840). Tuttavia, dopo la Prima Guerra Mondiale la marcia militare declinò; oggi sopravvive quasi esclusivamente in eventi ufficiali, suonata dalle bande dei diversi corpi militari. Ma la Marcia di Radetzky (link) di Johann Strauss padre continua a sfavillare da Vienna, nel concerto trasmesso la mattina di Capodanno dalle televisioni di tutto il mondo.
Altri generi di marcia si svilupparono, invece, come specifiche forme musicali di elevato livello estetico, raggiungendo l’apice nelle opere dei compositori romantici, ed evolvendo probabilmente dall’opera e dal balletto francese del XVII secolo.
In ogni epoca, la velocità della marcia fu tendenzialmente moderata, calibrata sul passo umano, potendo però variare a seconda della destinazione: una sfilata, una marcia a cavallo, o una carica in battaglia.
Le marce possono infatti essere funebri, trionfali, nuziali, religiose; ognuna di esse innalza e trasfigura uno specifico carattere espressivo. Perciò, a differenza di quella militare, questi tipi di marcia hanno dimensioni e forme molto diverse, in base al loro carattere. Per esempio, la marcia funebre si muove con un andamento lento, quasi sempre in modo minore, come nella III Sinfonia «Eroica» (link) di Ludwig van Beethoven.
Le marce celebri sono molte: quella trionfale dell’Aida (link) di Verdi,
il coro nuziale del Lohengrin (link) di Wagner e la marcia nuziale del Sogno di una notte di mezza estate (link) di Mendelssohn.
Oltre a figurare nelle opere teatrali, o in quelle programmatiche, le marce possono essere parte integrante di sonate, sinfonie, oratori, o nascere come musiche indipendenti. Rientrano perfino nei repertori di altri generi musicali, come il jazz: accompagnano processioni di neri, o risuonano in jam-sessions, come questa storica (link), con un fantastico Louis Armstrong!