Versatile

ver-sà-ti-le

Significato Di strumento, che si può volgere in un verso o nell’altro; che ha attitudini e capacità eclettiche e molteplici; capace di svolgere funzioni e lavorazioni diverse

Etimologia dal latino versatilis ‘mobile, eclettico’, che è dal verbo versare ‘voltare’.

“La donna è mobile qual piuma al vento” canta il Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi, vituperando in un sol colpo le donne e la mobilità. Chiaramente, l’uomo ha sempre avuto un debole per la fermezza, la costanza, la permanenza. Il cambiamento inquieta e destabilizza, tanto che qualcuno si è spinto fino a negarne alla radice la possibilità: agli albori del pensiero occidentale, Zenone di Elea cercò di dimostrare con i suoi celebri paradossi che il movimento era razionalmente inconcepibile: nulla si muove o cambia veramente, ragazzi, tranquilli; è tutto a posto. Manifestazione lampante di questa paura è anche l’evoluzione semantica subita dalla parola volubile: in sé stesso il volubile, derivando dal latino vòlvere (volgere, girare), non è altro che il girevole, ciò che può ruotare; da tempo, tuttavia, designa ormai solo l’incostanza, la mutevolezza della volontà e degli affetti, parente del capriccio e dell’esecrata leggerezza.

Ma come mai allora un suo quasi gemello, versatile, ha ricevuto un trattamento tanto diverso? Anch’esso, al pari di volubile, in senso stretto è semplicemente il girevole: deriva infatti dal latino versare, a sua volta da vèrtere, cioè girare, volgere. Mentre però la volubilità, che sia riferita al tempo meteorologico o ad una persona, indica una mutevolezza, un’imprevedibilità che accogliamo con fastidio perché vanifica i nostri progetti e il nostro bisogno di certezze, la versatilità è vista come duttilità, ecletticità, risorsa polivalente e perciò preziosa: uno strumento versatile può essere utilizzato in molteplici situazioni, l’ingegno versatile si applica a vari campi del sapere, e il giocatore versatile è in grado di ricoprire diversi ruoli in campo.

In realtà, approfondendo i rispettivi significati si può tentare una spiegazione di questa disparità di trattamento: il vòlvere del volubile è potenzialmente infinito, incontrollabile come le volute di fumo che si sprigionano da un incendio, mentre il versare del versatile è la possibilità di essere voltato su un altro verso, cioè utilizzato da un altro lato; il versatile non gira vorticosamente, si presta ad essere girato. Ma anche queste sono volute di fumo, e infatti c’è chi la vede diversamente da noi: si dà il caso che in francese versatile (pronunciato versatìl) significhi proprio “volubile”, “incostante”, “ondivago”. E siccome la lingua stessa non è seconda a nessuno quanto a volubilità, ecco che da qualche anno l’Académie française (l’equivalente della nostra Accademia della Crusca) si affanna ad ammonire che versatile non va usato nel senso di polivalente, eclettico, tentando di scongiurare il poderoso influsso dell’inglese versatile (pronuncia, grosso modo, vèrsatail), che ha un significato identico al nostro versatile.

Come andrà a finire è facilmente prevedibile. Nel versatile francese coabiteranno volubilità e versatilità, con buona pace degli accademici transalpini. E in fondo la nuova accezione è del tutto coerente (oltre a rendere la parola più… versatile): il volubile e il versatile coincidono nella mutevolezza e nella duttilità — che poi, essendo l’opposto dell’immobilità e della rigidità mortuaria, sono gli attributi di ogni vivente. E la lingua è viva, vivissima, purché sia vivo chi la parla. Come ha scritto il poeta americano James Russell Lowell: “Solo gli stupidi e i morti non cambiano mai opinione”.

Parola pubblicata il 08 Ottobre 2019

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