Zagara

zà-ga-ra

Significato Fiore dell’arancio, del limone e degli altri agrumi

Etimologia dall’arabo zahr ‘fioritura’, derivato dalla radice trilittera z – h – r propria del verbo zahara, ‘risplendere’, giunto in italiano attraverso il dialetto siciliano.

Che cosa hanno in comune le spose che si apprestano ad andare all’altare nel loro stupefacente abito bianco, l’università del Cairo al-Azhar e gli studiosi della cabala ebraica?

Una parola: lo splendore.

Quello cabalistico è contenuto nel Sefer HaZohar, cioè ‘Il libro dello splendore’, un testo molto importante per gli iniziati alla disciplina mistica ebraica - abbiamo sovente ribadito che le radici trilittere delle parole arabe sono condivise in gran parte anche con la lingua ebraica, e z – h – r non è da meno.

Lo splendore dell’università cairota di al-Azhar, fondata nel X secolo, è nella sua storia illustre, certo, ma specialmente nel significato del nome, che vuol dire ‘La Luminosa’.

La lucentezza abbagliante delle spose, invece, oltre ad essere donata dalla gioia provata in un giorno di letizia come dovrebbe essere quello del matrimonio, è la bellezza semplice e chiara dei fiori d’arancio che decorano tradizionalmente la toilette del gran giorno, magari nel bouquet, o in una corona che cinga il capo e tenga fermo il velo.

Se si apre il vocabolario di lingua araba e si cerca la famiglia delle parole collegate alla radice z – h – r ci si rende conto che quasi tutti i termini derivati appartengono al campo semantico della fioritura, della prosperità, della lucentezza, dello splendore e della bianchezza, caratteristiche reali e metaforiche di un fenomeno naturale come la fioritura di una pianta mediterranea che porta succosi frutti grazie all’azione impollinatrice di insetti molto importanti come le api. Che sia questo il legame tra il fior d’arancio e lo sposalizio, un augurio di prosperità e splendore ai novelli sposi? È bello credere che sia così.

Molto più semplicemente pare che, essendo la primavera la stagione delle nuove unioni e della fioritura degli agrumi, le giovani spose del sud Italia usavano adornarsi con questi fiorellini bianchi e odorosi di cui vi era grande abbondanza e facilità di approvvigionamento. Da lì la tradizione che vuole la locuzione ‘fiori d’arancio’ essere un sinonimo di ‘sposalizio’: hai visto Marco e Francesca di recente? Non so nulla di ufficiale, ma secondo me c’è aria di fiori d’arancio tra quei due!

La parola zagara è giunta in italiano come un sicilianismo, ed è probabilmente un’eredità araba lasciata alla meravigliosa terra siciliana, la ‘patria delle arance’ nostrana. Ed è entrata nella società non solo come termine prettamente botanico, ma anche come cognome: non è raro infatti trovare le famiglie ‘Zagarella’ o ‘Zagara’ se si sfoglia l’elenco telefonico della provincia di Catania, ad esempio.

Non va dimenticato inoltre che l’acqua di fior d’arancio (o di limone) è un ingrediente molto importante nella pasticceria araba (famose le deliziose ‘corna di gazzella’) e in quella siciliana, così come nella cosmesi tradizionale, in cui viene usato come tonico per la pelle e componente di olii odorosi.

Un fiorellino così semplice e profumato, perfino umile nella sua delicatezza e discrezione, le cui virtù sono apprezzate sia in cucina che alla toeletta, porta un nome che racchiude in sé beltà, candore, luminosità e prosperità. Vale la pena pensarci la prossima volta che si vuol fare colpo col classico mazzo di rose…

Parola pubblicata il 10 Aprile 2020

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.