La differenza fra ‘storia’ e ‘memoria’
Perché si parla di ‘giornata della memoria’ se ad essere commemorati sono dei fatti storici? Qual è la differenza e qual è il rapporto fra storia e memoria?
I concetti di 'storia' e di 'memoria' sono intuitivamente diversi, ma quando in pratica si parla di fatti di un passato abbastanza vicino — che abbiamo visto in prima persona o attraverso altre persone — finiscono spesso per avvicinarsi e confondersi. Tenerli distinti per mezzo di una piccola riflessione è importante per ragioni diverse.
La storia la scrivono gli storici
La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Ma questo è un adagio da correggere: la storia la scrivono gli storici, almeno nel nostro orizzonte in cui la scienza è libera e libero ne è l'insegnamento. La storia è una disciplina del sapere, in cui si confronta una vasta comunità di specialisti indipendenti (e spesso agguerriti) che sottostà alle ferre regole delle scienze. Le ricostruzioni dei fatti sono portate avanti fra studiosi con quel rigore, quel contraddittorio e quella ampia e minuziosa cognizione che si trova in un dibattimento processuale: a partire dalle domande che ci portano a interrogare il passato, si reperiscono fonti di prova, si incrociano, confrontano e vagliano, e con gli elementi di prova che ne emergono si interpreta una ricostruzione che dovrà reggere al giudizio — del giudice o dei pari.
Certo gli approdi del dibattimento storico (così come quelli del dibattimento processuale) non sono una verità assoluta. Se questi si svolgono correttamente, sono però approdi relativamente solidi — che possono arrivare all'oltre ogni ragionevole dubbio. Dimostrazioni e falsificazioni storiche seguono procedure tetragone, non si fanno con la propria idea ma nemmeno con la propria testimonianza. Qui entra la memoria.
La storia che viviamo, la memoria che portiamo
La storia, a differenza di altre discipline, riguarda le vicissitudini delle nostre vite e di quelle di chi ci ha preceduto, e ricostruisce e interpreta fatti che hanno toccato noi, la nostra famiglia, persone che abbiamo conosciuto. Può capitare, quindi, che se l'esperienza personale o familiare o riportata da gente nota non collima con gli approdi storici, non si sia ben disposti a dar loro credito. Sei sei un testimone in un processo e riferisci quello che sai di aver visto, e poi il processo giunge a una conclusione che in qualche modo sminuisce o non accoglie il tuo contributo, puoi pensare che i risultati del processo siano torti. Anche se invece, solo, tengono conto di una realtà più ampia, articolata e complessa di quella che hai vissuto.
Allora perché si parla di 'giornata della memoria' e non di una 'giornata della storia' in cui raccogliere le iniziative volte alla rievocazione di alcuni dei più terrificanti, desolanti orrori mai avvenuti nell'esperienza della nostra specie?
Commemorare insieme per ricordare da soli
Perché la storia, che ha sviscerato i fatti in maniera meticolosa, ha una dimensione pubblica. La memoria è una questione intima. La memoria personale, famigliare, cittadina, la memoria storica non è una disciplina. Consiste nel modo in cui ci portiamo dentro, come singoli o come gruppi, esperienze del passato. E commemorare vuol dire cercare di conservare insieme un ricordo condiviso che come singoli e come gruppi ci faccia tenere una certa rotta. La disciplina storica non basta: con divulgazioni e commemorazioni, per avere impatti del genere, deve farsi memoria anche per chi non ha vissuto in prima né in seconda persona quei crimini.
Si parla di 'giorno della memoria' perché la storia ha una dimensione tutta pubblica e, pur nella passione che la muove, spassionata; mentre è di una dimensione privata, intima e insieme condivisa, che c'è bisogno perché l'avvenuto sia irripetibile.
Commenti