Cinico

cì-ni-co

Significato Indifferente a ideali e sentimenti, e amorale, e che disprezza le tradizioni; in filosofia, appartenente alla scuola socratica minore dei cinici

Etimologia voce dotta presa in prestito dal latino cynicus, che è dal greco kynikós ‘della scuola cinica’ ma propriamente ‘canino’, derivato di kýōn ‘cane’, appellativo di Diogene, capo e paradigmatico rappresentante di questa scuola.

Indifferente a ideali umani, sprezzante verso ogni consuetudine? Certo, ma sono significati settecenteschi. Il cinico, quando nasce, è un’altra cosa.

Come cinici ci immaginiamo Lord Henry de Il ritratto di Dorian Gray, o Dottor House. Persone brillanti che non credono in niente, e che non perdono occasione di smontare con battute sagaci ciò in cui altri credono. Questo è certamente il significato oggi più rilevante, ma ai tempi il cinico era qualcosa di migliore.

Il cinico era colui che viveva la propria vita in maniera assolutamente autonoma, sfrondando i propri bisogni fino a tornare ad un essenziale stato di natura, sempre in linea con la propria rigorosissima morale e di intelletto cosmopolita. Così i cinici prestavano attenzione unicamente alla concretezza più pura, ripulita dalle sovrastrutture di sentimenti e desideri: i cinici, etimologicamente, sono i simili ai cani.

Si capisce come si arrivi di qui all’indifferenza agli ideali umani propria di certe raffinatezze intellettuali: sono un’evoluzione che lascia da parte quel primitivismo randagio e schietto che era proprio dei cinici antichi.

Si racconta che Alessandro Magno, sensibile alla filosofia, giunto a Corinto volesse incontrare il saggio Diogene per onorarlo — Diogene detto il cane, caposcuola dei cinici. Lo trovò che stava prendendo il sole, e da padrone del mondo che intendeva onorarlo gli si parò davanti dicendo: “Chiedimi tutto quello che vuoi.” Diogene alzò lo sguardo e gli rispose “Questo ti chiedo: spostati, che mi levi il sole”.

Questo è lo spirito del vecchio cinismo.

Parola pubblicata il 06 Marzo 2011