Acino
à-ci-no
Significato Chicco d’uva, e più in generale bacca carnosa con semi duri; grano di collana; in anatomia, piccola formazione sferica cava
Etimologia dal latino àcinus, ‘chicco d’uva’, di origine preindoeuropea.
Parola pubblicata il 12 Luglio 2024
Le parole del vino - in collaborazione con la tenuta vinicola Santa Margherita
Alla scoperta di radici ancestrali, significati sorprendenti e accezioni à la page, stappiamo le parole del vino che ci arrivano da ogni parte. Questo ciclo è sostenuto dalla tenuta vinicola Santa Margherita.
Quando in un particolare ambito di significato, in una specifica zona della nostra esperienza del mondo, possiamo contare su una batteria di parole molto specifiche nate in tempi immemorabili nella fucina della lingua popolare, significa che quella zona di significati è un ganglio, e che merita una particolare considerazione.
Parlando di frutta e verdura palleggiamo correntemente le solite parole generiche — è tutto un buccia (sottile, dura e via), semi (grossi, che non si sentono e via), chicchi (croccanti, aromatici e via). Ma ecco, spesso quando si parla di uva le cose si fanno improvvisamente più specifiche.
Certo si può parlare di un chicco d’uva. Ma ‘chicco’ è una parola palesemente infantile, e si attaglia a caffè, riso, mangime, grandine. La voce ‘acino’ indica univocamente il chicco d’uva, con precisione asciutta — e molto corrente, non siamo davanti a una voce specialistica. Teoricamente, si registra, potrebbe anche riferirsi ad altre bacche carnose con semi duri, ma in pratica non lo fa mai, è una premura lessicografica — l’àcino è invariabilmente d’uva. Il bello è che si tratta di una voce che nasce in tempi vertiginosamente remoti.
‘Àcino’ continua l’acinus latino, che è sempre il chicco d’uva. Questo è un termine senza parentele evidenti: classicamente si considera che questa parola sia frutto del substrato italico, mediterraneo, di quelle lingue che preesistevano alla migrazione indoeuropea e che continuiamo a intravedere nelle vestigia di alcune parole — fra cui un certo rilevante numero appartenente al mondo botanico. Certo, ai tempi doveva voler dire altro, indicando forse una certa varietà di chicchi e semi, perché la vite è arrivata dal Caucaso in un momento ben posteriore; ma è notevole come per indicare dei chicchi di prestigio speciale sia stata adottata una parola ancestrale, in un nesso così stretto che ha finito per escludere ogni altro riferimento tranne che in teoria. Secondo altre teorie meno condivise potrebbe essere invece una parola della famiglia dell’acuto, da una radice indoeuropea che si ricostruisce come ak-, a indicare un sapore che punge.
Ad ogni modo posso recuperare gli ultimi acini caduti dal raspo e rimasti sul fondo della ciotola, la fruttivendola sicura di sé ti porge un acino per farti capire quanto è imperdibile la sua uva, e mentre cucino e ho le mani occupate ti chiedo un paio di acini e apro la bocca.
Certo, per prossimità, e in certi usi più particolari, locali o letterari, l’acino può anche indicare la buccia e i semi del chicco d’uva — ma si tratta di estensioni che non tengono conto del fatto che… anche buccia e semi d’uva hanno dei nomi popolari specifici (anche se meno comuni), rispettivamente il fiocine e i vinaccioli.
Ma non è tutto qui: l’acino si slancia anche in metafora con la sua forma quasi sferica: posso parlare della collana formata da acini di corallo grossi così, della zia che sgrana gli acini di un vecchio rosario, ma in ambito medico posso anche sentir parlare di acini ghiandolari.
Bella sorte ancora vigorosa, per una parola così antica.