Apologetico

a-po-lo-gè-ti-co

Significato Che difende, che esalta; relativo all’apologia o all’apologetica

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo apologèticus, dal greco apologetikós ‘difensivo’, derivato del verbo apologéomai ‘parlare in propria difesa’, derivato da [logos ‘discorso’ col prefisso apo- ‘via da’.

È una parola che non pare facile, anzi quando la troviamo (o usiamo) dà subito un’idea di ricercatezza di pensiero e di padronanza della lingua. Liquidare come apologetico un discorso, notare il fine apologetico di un intervento, lodare uno slancio apologetico incute una certa soggezione, circonfonde di un’aura... superiore. Ma ecco: che vuol dire?

Ci confonde un po’ le idee veder riconvergere nell’apologetico due rami di una stessa pianta, cioè l’apologetica e l’apologia. Ora, forse questa seconda ci è un po’ più familiare perché nel discorso pubblico non di rado si parla di apologie con rilievo penale, come l’apologia di fascismo — ma sono fattispecie che in effetti non ci aiutano troppo a capire che cosa sia un’apologia.
Ci aspettiamo che l’apologia sia qualcosa di fattivamente affermativo, poco meno che un’istigazione (l’apologia di fascismo non è una sviolinata tenerona, ma un’esaltazione funzionale alla ricostituzione del disciolto partito fascista), eppure l’apología in greco è letteralmente una difesa, un discorso in difesa. Per noi l’apologia finisce per essere quell’intervento che — senti che bel crinale, che bella contiguità fra concetti — difende o esalta qualcosa o qualcuno.

Se l’apologia ha un carattere occasionale, l’apologetica ha un tratto sistematico, metodologico: è una branca della retorica imperniata sulla difesa, o addirittura un’intera disciplina — in particolare di ambito religioso. Ad esempio, l’apologetica cristiana è una difesa e giustificazione (anche con mezzi razionali) della fede, dell’autenticità della Rivelazione, e più in genere di ciò che sul piano dogmatico può risultare controverso verso l’esterno.
Così, tirando le fila, posso parlare del carattere apologetico di un comportamento che forse configura un reato, così come del commento appassionatamente apologetico della persona di chiesa. Ma non è tutto — anzi è solo l’inizio.

Già perché l’apologetico ha un respiro estremamente ampio. Si fa in generale ciò che ha i caratteri dell’apologia, e quindi è esaltatorio, appassionatamente elogiativo, e difende celebrando. Lo zio scuote la testa mentre suo cugino fa una discettazione apologetica delle birre IPA, l’inaugurazione più banale adotta dei toni apologetici verso l’amministrazione, e la presentazione apologetica della nuova persona assunta in un ruolo-chiave fa subito correre le dietrologie.

Notiamo lo specialissimo equilibrio: l’apologetico non è conclusivo e rituale come il celebrativo, né premiale e solenne come l’encomiastico; non ha i fasti del glorificatorio né la temperanza del favorevole; ed è molto più disinvolto e corrente del laudativo o dell’esaltatorio. Si aggancia a una tradizione trasparente e alta, e viaggia entusiasta e guardingo fra difesa ed esaltazione.

Parola pubblicata il 04 Marzo 2024