Discontinuo
di-scon-tì-nuo
Significato Inuguale, interrotto, incostante
Etimologia da continuo (voce dotta recuperata dal latino continuus, da continère ‘congiungere, essere unito insieme’.
Parola pubblicata il 12 Ottobre 2023
Italo Calvino, le parole - con Lucia Masetti
Il 15 ottobre 2023 si celebrano i cento anni dalla nascita di Italo Calvino, il più grande, profondo, ridente, immaginifico scrittore della nostra letteratura recente. Cerchiamo di abbracciarne la straordinaria opera dedicandogli un dizionario minimo.
Le parole costruite con prefissi negativi hanno una magia particolare. Evocano una qualità, ce la fanno sentire, ce la fanno considerare nelle sue diverse estensioni, anche nella sua aura, e poi ce la ribaltano, disconoscono, negano.
Già questo ci permette di fare una prima distinzione fra ‘discontinuo’ e sinonimi come interrotto, variabile, saltuario. Il discontinuo investe la continuità nel suo senso più ampio e articolato: è una forma di ugualità protratta e regolare, e perciò il discontinuo si fa inuguale, irregolare, come quando parliamo di risultati discontinui, impegni discontinui, di una superficie discontinua. Il continuo è figlio del continère latino (in cui leggiamo le conseguenze del nostro ‘contenere’) che in origine è un ‘tenere unito’, un ‘cingere’, e perciò il discontinuo si fa rotto, disgiunto, come quando parliamo di linee discontinue, di una pista ciclabile discontinua. Anche in matematica troviamo funzioni discontinue, la cui definizione non è banale ma che possiamo approssimare come funzioni la cui rappresentazione grafica è una curva non continua, in cui troviamo qualche salto.
‘Continuo’ è un termine fondamentale; è perciò che ‘discontinuo’ riesce ad accedere con levità alla sua grande varietà di declinazioni, seppur per contrario. Qui interruzioni, incostanze, scabrosità si coprono con vaghezza ampia e sospesa, in immagini incerte e tenui.
Sembra una contraddizione unica, il mondo di Calvino. Da un lato è impegnato nella sua opera di “cristallizzazione”, analizzando la realtà alla ricerca di un ordine e di un senso. Dall’altro impatta di continuo con il “rovescio”, il lato nascosto delle cose. Eppure dallo scontro di queste forze nasce la speranza che innerva tutta la sua opera: l’“utopia discontinua”.
Calvino infatti non abbandona mai la tensione alla felicità, alla bellezza, al significato, ma gradualmente realizza che non potrà mai essere soddisfatta da un sistema (filosofico o politico). Potrà trovarsi, semmai, nelle pieghe del sistema: nelle anomalie, nei casi particolari. Ed è qui che la teoria del rovescio torna utile.
Anzitutto, se è vero che il bene allo stato puro non esiste, lo stesso vale per il male, e questa è una grande notizia. Significa che anche delle condizioni più difficili può balenare un lampo di luce, la promessa di qualcos’altro. Marozia, la grigia “città del topo” racchiude una “città della rondine” sempre sul punto di spiccare il volo. E Raissa, città triste, “contiene una città felice che nemmeno sa d’esistere”, rivelata talvolta dai legami di gioia e di cura tra gli esseri che la abitano. Basta che “lo sguardo abbia abbastanza umiltà e acume per cogliere il guizzo di ciò che inaspettatamente ti si rivela giusto, bello, vero” (Il midollo del leone).
Essere consapevoli del rovescio, inoltre, autorizza a sperare che il bene abbia effetto anche quando non lo vediamo, anche quando sembra sprecato. Perché noi vediamo solo la superficie degli eventi, ma ciò che li muove è una profusione di gesti e pensieri infinitesimali, e forse saranno proprio loro a salvare tutto. Kim, uno dei partigiani di Il sentiero dei nidi di ragno, ne è convinto: “Io penso: ‘Ti amo, Adriana’, e questo è storia, ha grandi conseguenze, io agirò domani in battaglia come un uomo che ha pensato stanotte: ‘Ti amo, Adriana’.”
Infine ricordare che ogni scelta ha un rovescio, una strada alternativa a quella imboccata, aiuta a vedere la storia non come una catena deterministica, ma come un seguito di svolte che potevano andare in un senso o in un altro. Per questo Calvino, descrivendo la città di Fedora, osserva che sulla mappa andrebbe segnata non solo la città “reale”, ma anche le Fedore mai realizzate, emblema di tutte le possibilità alternative che ogni istante racchiude.
Così Calvino riporta in primo piano la responsabilità di ogni persona, che sempre conserva una libertà essenziale: “Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” (Le città invisibili).