Contrario
Giorgio Caproni, le parole
con-trà-rio
Significato Che è in opposizione, in contrasto; che va in verso opposto; avverso; cosa opposta, contraria; che ha un opposto significato
Etimologia voce dotta, recuperata dal latino contrarius ‘che sta di fronte’, da contra ‘contro’.
- «Sono del tutto contrario alla tua proposta» «Ma non l'hai ancora sentita...!»
Parola pubblicata il 11 Ottobre 2022
Giorgio Caproni, le parole - con Lucia Masetti
Ci avventuriamo insieme in un viaggio insolito — cioè nelle parole di un poeta grande e poco conosciuto del secolo scorso, Giorgio Caproni, a cui dedichiamo una settimana di pubblicazioni a tema.
Dentro a questa parola fondamentale c’è un seme ancor più fondamentale che però non si nota, forse perché è vissuto letteralmente come contrario al significato di contrario — ma osservandola bene è di un’evidenza lampante: con.
Il contrario è la qualità di ciò che è ‘contro’ — e in latino era colta in particolare come l’attributo dell’essere di fronte. Contra, però, è fratello o cugino di con, dalla pianta di un kom indoeuropeo che significava ‘insieme’: ha il suffisso -tro-, che ricorre nelle coppie di opposti (pensiamo a intra ed extra). Il quadro originale che ne traiamo è un essere allo stesso tempo opposto e insieme — il che è facile da intendere ma trascurato.
Un’idea contraria alla tua è concepita in una coppia, nell’immagine di un’ostilità dirimpettaia, nel contesto di una situazione d’insieme; due proposizioni contrarie sono speculari, una il negativo dell’altra, e occupano la posizione e la negazione di un predicato; due movimenti contrari mescolano i propri effetti; una stagione contraria, un risultato contrario si presenta e partecipa come un ospite sgradito.
Il contrario non è un indirizzo isolato a testa bassa, che non vede, non ascolta, non interagisce se non a chiuso contrasto: con la sua forza opposta forma un insieme, e mostra perfino un tratto di somiglianza, fosse anche solo per l’insistenza in uno spazio comune, su termini comuni con versi opposti.
Questo si apprezza particolarmente bene nel ‘contrario’ che si fa sostantivo; quando si intende il contrario, quando domandiamo se qualcosa dispiace e ci viene risposto ‘al contrario!’, è letteralmente il ribaltamento di un solo oggetto mentale. E ancor di più quando è inteso quale contrario di sinonimo: i dizionari dei sinonimi e dei contrari ci presentano piazze di significato di cui gli abitanti vivono su portoni affiancati lungo tutto il perimetro, condividendo prospettive prossime o distanti sulla piazza. Il contrario affaccia sulla stessa corte del sinonimo — solo, dall’altra parte.
Un principio sta a fondamento del nostro pensiero, da molto prima che Aristotele gli desse un nome: un’affermazione non può essere vera e falsa nello stesso tempo. Il problema è che, nella vita pratica, il principio di non contraddizione va spesso a farsi benedire e le cose sono, quasi sempre, un po’ vere e un po’ false. Lo stesso accade nella poesia di Caproni, che perciò è tutta un groviglio di compiaciuti paradossi.
A volte il motivo sta nell’inaffidabilità della voce narrante. Alcuni personaggi sono palesemente fuori di testa, come Lo stravolto, oppure menzogneri, come Il pastore infido; i primi però possono esprimere verità che esulano dalla logica, mentre i secondi mischiano vero e falso in un groviglio indissolubile. Per giunta anche il poeta inganna: “Non temo la morte / […] Non soffro d’insonnia”, proclama in Fortuna; peccato che la poesia sia datata “10/10/87, h. 3 di notte”.
Un’altra ragione è la complessità delle persone. Ogni “io” è composto da tanti “altri” e, viceversa, l’altro è in qualche misura lo specchio dell’io, per cui il confine tra i due è quantomeno nebuloso: “L'ho seguito. / L'ho visto. / Non era lui. / Ero io.” (Rinunzia). Aggiungiamoci anche il limite intrinseco della nostra conoscenza: ci sfugge una mole immane di cose sia del tempo che dello spazio in cui viviamo, per cui il nostro sapere è sempre falsato. “Non sai mai dove sei. / Non sei mai dove sai”, recita giudiziosamente Errata corrige.
Ancor più grave, le uniche cose che occorrerebbe davvero sapere – se la vita ha un senso, se c’è qualcosa al di là del visibile – sono proprio quelle che non conosceremo mai con certezza. Perciò la realtà nella poesia di Caproni si sfalda, lasciando intravvedere l’abisso dell’ignoto su cui è sospesa. E, viceversa, prende sostanza un oltremondo che forse è vero e forse no, o che è vero solo in parte, o che può persino diventare vero per un atto di disperata volontà, come nella bizzarra Preghiera d’esortazione (o d’incoraggiamento): “Dio onnipotente, cerca / (sforzati!), a furia d’insistere / — almeno — d’esistere.”
Del resto Dio, se c’è, è il paradosso più grande di tutti, in cui gli opposti si fondono e le stesse categorie di esistenza, spazio e tempo diventano insignificanti. Perciò alla Pensatina dell’antimetafisicante (“Dopo di noi non c’è nulla”) segue una Pronta replica, o ripetizione (e conferma): “Proprio dove non c’è nulla — nemmeno il dove — c'è Dio”.