Eziandio
e-zian-dì-o
Significato Anche, altresì, perfino; benché
Etimologia composto del latino etiam ‘anche’ e dio, con valore rafforzativo.
Parola pubblicata il 06 Luglio 2024
e-zian-dì-o
Significato Anche, altresì, perfino; benché
Etimologia composto del latino etiam ‘anche’ e dio, con valore rafforzativo.
Parola pubblicata il 06 Luglio 2024
Certo, in un’opera lessicografica si può sempre pensare di piantare una croce su una parola, è un artificio utile per segnalare un arcaismo; ma va messo in conto che tale tomba non sia permanente come le nostre. Le parole possono tornare, oppure possono passeggiare fra noi nelle notti di luna.
Già, in certi casi piantare croci pare proprio velleitario: pensando solo ai dantismi, quanto possono essere morte parole che continuano a echeggiare in versi memorabili e celeberrimi, e che continuano ad essere registrate sui dizionari dell’uso, anche se si trovano usate solo lì? E quanto può morire una parola se la grida il Principe Giovanni condannando a morte Robin Hood, smascherato alla fine della gara di tiro con l’arco?
Si tratta di un latinismo meraviglioso, meraviglioso nel suo essere un pasticcio dotto e sentito insieme. Infatti si tratta della composizione di due parole di estrazione differente. Da un lato una parola latina comunissima (comunissima in latino) che è etiam, cioè ‘anche’ — costruita in maniera elementare ed ermetica insieme, con et e iam, cioè ‘e già’. Dall’altra un rafforzativo italiano particolarmente intenso, cioè dio. Un modo insolito e brillante per adattare un latinismo non facile da adattare, che in italiano non stava trovando gran posto.
Il significato alla fine non si sposta di molto: è un ‘anche’ grosso, o un ‘altresì’, o un ‘perfino’, anche con valore concessivo, al modo del ‘benché’ — ma sempre con una carica molto intensificata dall’inusualità.
Il Principe Giovanni (o meglio Roberto De Leonardis, curatore della trasposizione in italiano del film Disney del 1973) fa bene a usare ‘eziandio’ in quella posizione, che in letteratura è ricorrente: alla fine di una frase o di un elenco ha un peso conclusivo che cade sul discorso come una scure.
Così — certo nel contesto appropriato, in cui le parole ricercate possano essere apprezzate e comprese anche nei loro usi ironici — è una risorsa di cui tener conto.
Posso raccontare di come al ristorante ci fosse un gran caos, l’attesa sia stata esagerata ed eziandio il cibo fosse pessimo. Posso raccontare di come il vecchio, caro amico si sia dimostrato inaffidabile, vile ed eziandio disonesto. Posso raccontare di come la mia prova sia stata miserabile, eziandio mi fossi preparato a lungo. L’effetto è forte, richiede di essere gustato dai palati giusti nelle giuste occasioni — e non facciamo finta che non ci siano altri problemi. Certo, fra le parole ricercate non è la meno nota, ma senza dubbio è una parola che la desuetudine in cui è calata nel Novecento rende difficile da usare. Proprio in pratica: è difficile impiegarla in maniera corretta perché banalmente nell’orecchio ci mancano modelli ricorrenti da cui inferire il modo o i modi in cui si usa.
In questi casi, la scelta meno ardita fa la sua figura: ricalcare in maniera anche pedissequa i pochi modelli che abbiamo — fosse eziandio solo il Principe Giovanni — è una buona tattica per acclimatarci a un uso nuovo (nuovo per noi) in una struttura blindata che però non fa perdere alla parola nemmeno un soffio del suo afflato, del suo slancio, della sua forza.
E questa, beninteso, è una tattica che si può usare in generale: copiare l’uso di parole che vogliamo usare a partire da frasi ben note è uno stratagemma di sicuro successo. E magari eziandio ‘eziandio’ è fra queste.