Gufo
gù-fo
Significato Nome comune di diverse specie di rapaci notturni dell’ordine degli Strigiformi, famiglia degli Strigidi. Solitamente vengono distinti da altre specie della stessa famiglia, come civette e allocchi, da cui si differenziano in particolare per la presenza di ciuffi di piume in corrispondenza delle orecchie. A una diversa famiglia, i Titonidi, appartengono invece i barbagianni
Etimologia dal latino bubo, poi gufo, di origine onomatopeica.
Parola pubblicata il 06 Dicembre 2021
Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti
Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.
Molte creature s’aggiravano invisibili nelle notti antiche, avvolte da un buio così profondo che noi, adepti della luce elettrica, possiamo a malapena immaginarlo. Alcune di loro però lasciavano talvolta udire il loro richiamo, e queste voci disincarnate divennero nomi: gufo (da un originario ‘bubo’), allocco (da ‘uluccus’), civetta (si suppone dal verso ‘chiu’). Lo stesso avvenne anche in altre lingue: pensiamo all’inglese ‘owl’ o al tedesco ‘uhu’, un tipo di gufo diffuso nella Foresta nera che ha dato il suo nome alla famosa colla.
Né questi animali apparivano meno inquietanti quando per caso venivano scorti: due occhi enormi, la testa assurdamente snodabile e, nel caso del gufo, ciuffetti simili a corna. Non stupisce che siano diventati gli uccelli del malaugurio per eccellenza, tanto che da una sola radice sono nati sia ‘strega’ che ‘strige’ (nome desueto dei rapaci notturni, sopravvissuto nel termine scientifico ‘strigiformi’).
In particolare si diceva che il canto della civetta fosse un presagio di morte, forse anche perché le veglie funebri erano una delle poche occasioni in cui le luci restavano accese tutta la notte, attirando gli insetti e dunque le civette. Ancor oggi poi gufare significa ‘portare sfortuna’; tuttavia la tendenza generale pare ormai essersi invertita, tanto che diverse persone amano collezionare gufetti portafortuna.
Del resto gli abitanti della notte non hanno avuto sempre una connotazione negativa. Nell’antica Grecia la civetta, per la sua capacità di vedere nel buio, era simbolo di saggezza, compagna di Atena e mascotte della città a lei dedicata. La dea stessa è detta da Omero ‘glaucopide’, ossia ‘dagli occhi lucenti’ o ‘di civetta’ (glaux in greco). Quanto al gufo, nelle fiabe gli spetta solitamente il ruolo di vecchio saggio, e perciò è gettonato anche come regalo di laurea.
Ma questi uccelli hanno pure un lato buffo. Prendiamo il barbagianni. Probabilmente molte case infestate devono a lui la loro nomea, dato che ama nidificare in soffitte e fienili. Eppure il suo nome è sorprendetemente prosaico: l’ipotesi più accreditata lo fa derivare da ‘zio’ (‘barba’ in dialetto) e Gianni (diminutivo di Giovanni), giacché il suo variegato verso può ricordare anche i borbottii di un vecchio zio.
Diverse sono poi le espressioni idiomatiche che volgono al ridere il mistero dei rapaci notturni. ‘Gufo’ e ‘barbagianni’ per esempio sono epiteti tipici di un vecchio brontolone e misantropo. ‘Allocco’ invece è sinonimo di ‘stupido’, forse per via dello sguardo stralunato che il poveretto assume se svegliato di giorno, o forse perché essendo molto territoriale reagisce sempre al richiamo di un altro allocco, anche se registrato.
Particolare infine il caso della civetta, spesso usata dai cacciatori come esca per attirare gli uccelli diurni (in genere aggressivi con i loro colleghi notturni). Così ‘civetta’ è diventata la donna vezzosa in cerca di corteggiatori, ma anche il foglio esposto fuori dalle edicole con i titoli più importanti della giornata, mentre gli articoli civetta sono quelli venduti a poco prezzo per attirare nuovi clienti. Perfino ‘zimbello’ viene da questa tecnica. Al contrario le auto civetta (vetture della polizia prive di segni di riconoscimento) richiamano le capacità mimetiche di quest’animale, anche se forse non è estranea l’idea di un trucco di caccia volto a portare le “prede” allo scoperto.
Inquietanti e saggi ma insieme un po’ ridicoli, così sono dunque i gufi; o per meglio dire così siamo noi, che in loro ci specchiamo.