Ieratico
ie-rà-ti-co
Significato Sacerdotale; grave, solenne
Etimologia voce dotta recuperata dal latino hieràticus, prestito dal greco hieratikós ‘sacerdotale’, da hierós ‘sacro’.
Parola pubblicata il 22 Giugno 2022
ie-rà-ti-co
Significato Sacerdotale; grave, solenne
Etimologia voce dotta recuperata dal latino hieràticus, prestito dal greco hieratikós ‘sacerdotale’, da hierós ‘sacro’.
Parola pubblicata il 22 Giugno 2022
Quando una parola ci fa sentire una forte consonanza interna fra ciò che indica e il registro, l’aura con cui lo indica, i due effetti interferiscono in modo costruttivo, e il suo essere icastica, impressionante, è aumentato.
Il nocciolo dell’aggettivo ‘ieratico’ è un termine greco che si è creato la più alta immagine di potere: hierós, propriamente ‘sacro’. Infatti nei suoi esiti non si mostra come un sacro fragile, sotto scacco, profanabile: è proprio il sacro potente.
Lo troviamo nei geroglifici (dal greco hieroglyphikós, aggettivo che significa ‘pertinente ai glifi sacri’), scrittura dei sacerdoti egizi. Lo troviamo nella gerarchia e nel gerarca (dal greco hierárches, il ‘capo delle funzioni sacre’), che rendono inizialmente una posizione di potere in una scala sacrale. E lo troviamo in un arcipelago di parole penetrate meno nella cognizione comune, che raccontano di pratiche e ruoli di tempi andati — dagli ierofanti, sommi sacerdoti di Eleusi, alla ieromanzia, disciplina di lettura delle viscere degli animali parallela all’aruspicina nostrana.
‘Ieratico’ significa ‘sacerdotale’. Semplice, tutto sommato — sembra. E però, a differenza del ‘sacerdotale’, che ci può parlare di questioni sacerdotali anche terrene, organizzative, perfino venali (dagli ordini ai benefici sacerdotali), ‘ieratico’ è un termine molto incentrato su uno specifico atteggiamento inerente al sacro. Lo ieratico racconta soprattutto un aspetto sacrale, riferito a gesti, portamenti che hanno una gravità, una solennità consona al sacro.
Certo, posso anche parlare del ruolo ieratico che ha la figura sciamanica, ma più probabilmente parlerò dei movimenti ieratici compiuti durante una cerimonia del tè, o di quelli con cui il nonno di Torre del Greco metteva su la moka dopo pranzo; dell’immobilità ieratica del duo di cantanti sul palco, della bellezza ieratica di certe rovine; dell’affettata posa ieratica della foto, della severità ieratica che mostriamo in volto quando abbiamo perso il filo del discorso e non vogliamo darlo a vedere mentre tentiamo di recuperarlo.
È una parola lievemente ostica, non adatta a ogni discorso, ma il suo essere poco accessibile è parte della sua forte consonanza; d’altro canto rappresenta una risorsa di grande valore espressivo, di grande rappresentatività di atteggiamenti, di aure che sono invece molto ricorrenti, nella nostra vita — dalle serietà più spicciole e pretenziose a quelle più travolgenti e numinose.