SignificatoIntermedio; inferiore alla media; di scarso valore, importanza, qualità; banale
Etimologia voce dotta recuperata dal latino mediocris, composto di medius, ‘medio, che sta nel mezzo’, e ocris ‘rilievo, colle’.
Quanto snobismo in una sola parola: il medio è scadente, e quindi l’eccellente è il solo buono. Ma il mediocre non nasce così.
Spesso il nostro pensiero concepisce due poli opposti — il freddo e il caldo, il pavido e il temerario, il misero e l’opulento, l’alto e il basso. Il mediocre emerge come profilo di mezzo, né troppo né troppo poco — in particolare con un riferimento geografico, talmente remoto che non ne resta eco concreta nemmeno nell’uso del latino classico.
Il latino mediocris infatti è un composto di medius, ‘medio, che sta nel mezzo’, e ocris, nome raro per il rilievo, specie collinare e irregolare — nome che è stato scalzato, pare, dal più familiare collis. Quindi l’aggancio originale è alla mezza altezza del monte, e la qualità originaria che significa come aggettivo è proprio l’alto, alto non troppo, alto a metà.
Nel mediocre quindi c’è anche la compostezza della via di mezzo, l’equilibrio del giusto mezzo. E questo è chiaro da lungo, lungo tempo — ce lo testimonia in modo memorabile la celebre locuzione del poeta latino Orazio, che verseggiava e filosofava dell’aurea mediocritas, della mediocrità dorata, quella di una vita senza eccessi, del godimento misurato.
Posso parlare delle distanze mediocri che ci separano da alcuni luoghi che sarebbe interessante vedere, posso parlare dell’appoggio mediocre che diamo all’iniziativa, dell’investimento mediocre che abbiamo fatto comprando certe partecipazioni, della città mediocre in cui viviamo, che non è una metropoli ma nemmeno un paesello, del risultato mediocre che ci porta a metà classifica. Strano effetto, eh? Difficile interpretare questo aggettivo, leggendolo, nel suo senso... mediocre. Ci tornerebbe molto meglio il semplice ‘medio’.
Già perché il mediocre è vissuto quasi sempre come inferiore, scadente, dozzinale. E non da noi ai giorni nostri perché viviamo in tempi sofisticati e decaduti — già il latino mediocris, con buona pace di Orazio, era anche e forse soprattutto il meschino, il modesto, l’insignificante, lo scarso. È tremendamente difficile, con tutta evidenza, considerare il medio come buono — e ci potrebbe essere qualcosa di universale, in questa difficoltà. Ed è magnifico che questa complessità si regga sul sottile, concreto, strano perno di quel remoto ocris.
Abbiamo molte parole che insistono su questa regione di concetto, ma il mediocre ci offre un giudizio partecipe che pare insofferente e quindi (passaggio curioso) di mondo, ben aggrappato alle misure dell’elevato e dell’ottimo. Declina la sua inferiorità come inconsistenza di importanza e qualità, quando parliamo di paghe mediocri, di opere mediocri — nella seccatura di un rilievo che manca.
Riprendendo le attribuzioni di prima, piuttosto è mediocre una distanza quando la giudica la nostra amica ciclista che intendeva fare un giro più interessante e impegnativo, è mediocre l’appoggio senza convinzione e sostanzialmente inutile, l’investimento mediocre proprio non rende quanto avremmo voluto, la città mediocre ci stringe con orizzonti gretti, il risultato mediocre è basso. Senza contare che non fatichiamo nemmeno a individuare intere persone mediocri.
Certo è una parola corrente e a buon mercato, ma nella sua lunga storia si rivela forte e rivelatrice di come si possano squilibrare anche i significati più bilanciati, e di quale pensiero radicato ci sia dietro. Una parola vissuta e schietta, nella sua contraddizione.
Quanto snobismo in una sola parola: il medio è scadente, e quindi l’eccellente è il solo buono. Ma il mediocre non nasce così.
Spesso il nostro pensiero concepisce due poli opposti — il freddo e il caldo, il pavido e il temerario, il misero e l’opulento, l’alto e il basso. Il mediocre emerge come profilo di mezzo, né troppo né troppo poco — in particolare con un riferimento geografico, talmente remoto che non ne resta eco concreta nemmeno nell’uso del latino classico.
Il latino mediocris infatti è un composto di medius, ‘medio, che sta nel mezzo’, e ocris, nome raro per il rilievo, specie collinare e irregolare — nome che è stato scalzato, pare, dal più familiare collis. Quindi l’aggancio originale è alla mezza altezza del monte, e la qualità originaria che significa come aggettivo è proprio l’alto, alto non troppo, alto a metà.
Nel mediocre quindi c’è anche la compostezza della via di mezzo, l’equilibrio del giusto mezzo. E questo è chiaro da lungo, lungo tempo — ce lo testimonia in modo memorabile la celebre locuzione del poeta latino Orazio, che verseggiava e filosofava dell’aurea mediocritas, della mediocrità dorata, quella di una vita senza eccessi, del godimento misurato.
Posso parlare delle distanze mediocri che ci separano da alcuni luoghi che sarebbe interessante vedere, posso parlare dell’appoggio mediocre che diamo all’iniziativa, dell’investimento mediocre che abbiamo fatto comprando certe partecipazioni, della città mediocre in cui viviamo, che non è una metropoli ma nemmeno un paesello, del risultato mediocre che ci porta a metà classifica. Strano effetto, eh? Difficile interpretare questo aggettivo, leggendolo, nel suo senso... mediocre. Ci tornerebbe molto meglio il semplice ‘medio’.
Già perché il mediocre è vissuto quasi sempre come inferiore, scadente, dozzinale. E non da noi ai giorni nostri perché viviamo in tempi sofisticati e decaduti — già il latino mediocris, con buona pace di Orazio, era anche e forse soprattutto il meschino, il modesto, l’insignificante, lo scarso. È tremendamente difficile, con tutta evidenza, considerare il medio come buono — e ci potrebbe essere qualcosa di universale, in questa difficoltà. Ed è magnifico che questa complessità si regga sul sottile, concreto, strano perno di quel remoto ocris.
Abbiamo molte parole che insistono su questa regione di concetto, ma il mediocre ci offre un giudizio partecipe che pare insofferente e quindi (passaggio curioso) di mondo, ben aggrappato alle misure dell’elevato e dell’ottimo. Declina la sua inferiorità come inconsistenza di importanza e qualità, quando parliamo di paghe mediocri, di opere mediocri — nella seccatura di un rilievo che manca.
Riprendendo le attribuzioni di prima, piuttosto è mediocre una distanza quando la giudica la nostra amica ciclista che intendeva fare un giro più interessante e impegnativo, è mediocre l’appoggio senza convinzione e sostanzialmente inutile, l’investimento mediocre proprio non rende quanto avremmo voluto, la città mediocre ci stringe con orizzonti gretti, il risultato mediocre è basso. Senza contare che non fatichiamo nemmeno a individuare intere persone mediocri.
Certo è una parola corrente e a buon mercato, ma nella sua lunga storia si rivela forte e rivelatrice di come si possano squilibrare anche i significati più bilanciati, e di quale pensiero radicato ci sia dietro. Una parola vissuta e schietta, nella sua contraddizione.