Mormorazione

mor-mo-ra-zió-ne

Significato Il mormorare, il produrre un rumore sommesso; diceria, maldicenza

Etimologia voce dotta recuperata dal latino murmuratio ‘brontolio, mormorio di protesta’, da murmur ‘mormorio, rumore’, di origine onomatopeica.

E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
— Dante, Inferno V, 40-45

È così, con questa bella similitudine, che Dante descriveva la condizione dei lussuriosi nel secondo cerchio dell’inferno, travolti e trascinati da una bufera incessante. Comprensibilmente, di solito ci si concentra sulla metà umana della comparazione, trascurando quella animale; ma qui il Poeta, acuto osservatore del cielo, descrive un fenomeno – il volo di gruppo degli storni, sciamanti in stormi dalle forme imprevedibilmente cangianti – che in italiano non ha un nome, mentre in inglese sì: murmuration. La foto è di Fraser Morrison.

Non è difficile intuire la parentela tra il termine inglese e l’italiano ‘mormorazione’, a sua volta da ‘mormorare’. Ma gli uccelli mormorano? Beh, se poteva mormorare il Piave, calmo e placido al passaggio dei primi fanti, perché non gli storni? Davvero straordinario come i suoni siano universali, capaci di unire l’umano e l’animale, l’animato e l’inanimato. E tuffandoci per un attimo dall’azzurro del cielo a quello del mare, il Lithognathus mormyrus, pesce comunemente chiamato ‘mormora’, deve il suo nome al fatto di emettere, pare, una sorta di brontolio (mormýrein in greco è gorgogliare, mormorare).

Risalendo ad altezze ornitologiche, l’inglese murmuration, oltre che ‘mormorio, ronzio’, significa anche ‘stormo di uccelli’ (soprattutto storni), ma secondo i più precisi la parola indica – prima ancora che la schiera in sé – proprio il movimento, l’atto di formare quegli stupefacenti nugoli dalle forme deliziosamente erratiche. Evidentemente, alla base di questa accezione c’è un trasferimento dal rumore prodotto dal frullare di quelle migliaia di ali alla fonte del suono. Già, ma che rumore è esattamente un mormorio? Uno che fa mor-mor, ovvio.

Il latino murmur (mormorio, brontolio, ronzio) proviene da una radice protoindoeuropea mr-mr- di natura probabilmente onomatopeica, e indicava, come l’italiano ‘mormorio’, il brusio di voci umane, il bisbiglìo, ma anche quello dell’acqua che scorre o del vento, nonché il brontolio di un vulcano. Tuttavia, a dimostrare quanto le parole esprimenti suoni tendano a risentire di una certa approssimazione, murmur poteva significare anche rumori assai meno sussurranti: boati, fragori, financo versi di animali – non solo, prevedibilmente, il ronzio delle api, ma anche bramiti, grugniti e ruggiti (e murmuratio, addirittura, indicava anche il grido dell’aquila, ben difficilmente paragonabile ad un mormorio).

Ma c’è di più. La murmuratio non era un mero sussurro, un bisbiglio neutro: era il mormorio di malcontento, il brontolio (altra parola onomatopeica, dal greco brontân, ‘tuonare’), al pari dell’italiano mormorazione, che aggiunge anche il senso di ‘maldicenza’, ‘diceria’. Non sorprende certo questo passaggio dall’enunciazione neutra del mormorare al discorso malevolo e alle rimostranze della mormorazione: un suono sordo, un brontolio – che sia quello di un vulcano che freme o quello di un crocchio di persone che confabulano rimestando le rispettive lagnanze – ha sempre un che di minaccioso.

Se vogliamo pace e serenità, invece, basta volgere lo sguardo allo spettacolo della meravigliosa concordia che regna in cielo. Ehm. Secondo gli studiosi, i movimenti degli storni sono dovuti al fatto che ognuno, in base alla posizione gerarchica, lotta per occupare le posizioni interne, più al sicuro dai predatori. È proprio vero che, a osservarla da vicino, qualunque cosa perde il suo incanto.

Parola pubblicata il 10 Novembre 2020

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