Obsoleto
ob-so-lè-to
Significato In disuso, vecchio, passato di moda, non più attuale
Etimologia dal latino obsoletus, dal verbo obsolescere, ‘cadere in disuso, decadere’, di etimologia dibattuta.
Parola pubblicata il 01 Maggio 2024
ob-so-lè-to
Significato In disuso, vecchio, passato di moda, non più attuale
Etimologia dal latino obsoletus, dal verbo obsolescere, ‘cadere in disuso, decadere’, di etimologia dibattuta.
Parola pubblicata il 01 Maggio 2024
Sembra paradossale, ma gli invecchiamenti funzionali rappresentati dall'obsoleto e dall’obsolescenza (cioè il progressivo diventare obsoleto) sono questioni quantomai attuali. Costituiscono un problema pratico a cui l’umanità deve far fronte: l’evoluzione delle apparecchiature è tale che quelle di oggi diventano obsolete in pochi mesi, e anzi parliamo spesso del consumismo indotto (anche) dall’obsolescenza programmata degli oggetti tecnologici, cioè il modo in cui sono pensati per usurarsi entro un certo orizzonte di tempo. Insomma, ‘progresso tecnologico’ significa anche ‘cassetti pieni di oggetti obsoleti’ — lettori che non possono più leggere, cavi che non possono più collegare, supporti che non possono più essere letti. Viviamo l'obsoleto concretamente in una costante generazione di pattume, e l'obsolescenza come causa dell’ammucchiarsi di roba, dai rifiuti di natura elettronica ai perniciosi ammassi di vestiti in poliestere del fast fashion che hanno fatto il loro effimero tempo.
Nel consesso dei sinonimi, il destino di diventare obsoleto è il peggio del peggio che possa capitare ad un oggetto: non ha la grazia civettuola del rétro, né l’indulgenza del demodé, non è elegante come l’antiquato, non è nobile come l’antico, né ha la gentilezza del sorpassato. È vecchio, sì, ma l’obsoleto, nel suo essere vecchio, è anche diventato tragicamente inutile. E l’inutilità, si sa, se gli oggetti avessero un’anima, sarebbe il loro inferno.
Tuttavia, sebbene siamo sommersi dall’obsolescenza tangibile, non dobbiamo dimenticare che questa parola si attaglia anche a ciò che non è materiale, perché pure le idee, le tradizioni e i pensieri possono cadere nell’abisso dell’inutilità: diciamo allora che l’alunno ha infarcito la sua ricerca di notizie obsolete perché ha attinto da libri e fonti datate, ci rendiamo conto che certe tradizioni crudeli come la corrida, la caccia alla volpe e l’agnello pasquale sono obsolete (per quanto ancora campo di dibattito) e sottolineiamo come gli argomenti portati dall’amico a favore del suo punto di vista siano ormai obsoleti, tanto che riusciamo a farlo dubitare.
Obsoleto è una parola rotonda, con un suono basso e lento, ingombrante come il suo significato, un orpello del passato, smussato e inadatto, che mangia spazio e accumula polvere.
Peraltro la sua etimologia è incerta. Deriva di certo dal latino obsoletus, a sua volta dal verbo obsolèscere ‘cadere in disuso, invecchiare, svanire’ (di cui quell’-escere ci fa apprezzare l’originale senso incoativo, cioè di inizio di azione). Dietro c'è un buio su cui chi ha studiato il problema ha tentato di gettare luce, chi affermando che venga dal verbo solère, ‘essere solito’, chi individuando piuttosto una parentela con alèscere, ovvero ‘svilupparsi, crescere’ — in ogni caso, col prefisso ob-, cioè ‘contro’. Tanto oscura è la sua origine e tanto luminoso è il suo futuro: con il ritmo a cui la società e tecnologia cambiano, ci scontreremo sempre di più con l’obsolescenza, delle cose, sì, delle idee, dei valori, ma forse anche la nostra. Il cambiamento, si sa, non è facile per nessuno.