SignificatoAttaccare muovendo guerra; contrastare, ostacolare, opporsi a qualcuno o a qualcosa
Etimologia derivato di oste, che è dal latino hostis ‘nemico’, col suffisso verbale frequentativo -eggiare.
È una parola che mostra subito una certa eleganza di espressione, e lo fa filmando un particolare modo di essere ostili. Le raffinatezze della lingua sono spesso raffinatezze da regista.
Va detto che l’osteggiare è cambiato nei secoli, e non poco (anche se in maniera sottile). Nel Trecento, all’alba di questa parola, se io ti avessi osteggiato ti avrei nientemeno che mosso guerra, mentre oggi anche il più fetente fra i colleghi, che ti osteggia apertamente, è raro che si faccia trovare sotto casa tua con l’ariete.
Chi ti osteggia ti è certo nemico: ‘osteggiare’ viene dal termine ‘oste’, che in questo caso non è l’affabilerubizzopadrone della locanda, ma l’hostis latino, che è proprio il nemico, lo straniero nemico. Peraltro la radice è la medesima: l’oste della taverna è passato attraverso l’antico francese ed è fratello dell’ospite (hospes in latino), il quale ci racconta un personaggio d’oltreconfine. Insomma, i fratelli hospes e hostis hanno finito per spartirsi lo straniero, amico il primo, nemico il secondo. Ma procediamo.
L’osteggiare è un contrastare, un fare opposizione. E siamo davanti a uno dei casi in cui il suffisso verbale ‘-eggiare’ si fa più eloquente: è frequentativo. L’opposizione dell’osteggiare non si risolve in un contrasto singolo e decisivo, ma si protrae in uno stillicidio di modi, atteggiamenti e contromosse. Se è una guerra, è combattuta con votazioni contrarie, dichiarazioni piccate fatte risuonare, bastoni fra le ruote — il genere a cui siamo normalmente abituati nei nostri quasi pacifici Paesi.
L’osteggiare racchiude la vicenda dell’ostilità cogliendo nella sua inquadratura quei comportamenti avversarî che la rivelano, e che (punto essenziale) non arrivano mai al calor bianco: a guardarlo bene, non sarà un verbo irenico di conciliazione universale, ma ha la curiosa civiltà di escludere completamente la violenza. Se mi bastoni non mi stai osteggiando, sei già una misura oltre.
Così si osteggia il nuovo direttore finché non ci convinciamo delle sue capacità, ci osteggia il nostro vicino di casa per i lavori che stiamo facendo; e similmente si osteggia l’ottimo progetto proposto dalla persona che ci è invisa, facciamo finta di osteggiare la proposta nuova che non possiamo appoggiare esplicitamente ma ci piace.
A ogni epoca il suo osteggiare, insomma, il suo modo di muovere le ostilità.
È una parola che mostra subito una certa eleganza di espressione, e lo fa filmando un particolare modo di essere ostili. Le raffinatezze della lingua sono spesso raffinatezze da regista.
Va detto che l’osteggiare è cambiato nei secoli, e non poco (anche se in maniera sottile). Nel Trecento, all’alba di questa parola, se io ti avessi osteggiato ti avrei nientemeno che mosso guerra, mentre oggi anche il più fetente fra i colleghi, che ti osteggia apertamente, è raro che si faccia trovare sotto casa tua con l’ariete.
Chi ti osteggia ti è certo nemico: ‘osteggiare’ viene dal termine ‘oste’, che in questo caso non è l’affabile rubizzo padrone della locanda, ma l’hostis latino, che è proprio il nemico, lo straniero nemico. Peraltro la radice è la medesima: l’oste della taverna è passato attraverso l’antico francese ed è fratello dell’ospite (hospes in latino), il quale ci racconta un personaggio d’oltreconfine. Insomma, i fratelli hospes e hostis hanno finito per spartirsi lo straniero, amico il primo, nemico il secondo. Ma procediamo.
L’osteggiare è un contrastare, un fare opposizione. E siamo davanti a uno dei casi in cui il suffisso verbale ‘-eggiare’ si fa più eloquente: è frequentativo. L’opposizione dell’osteggiare non si risolve in un contrasto singolo e decisivo, ma si protrae in uno stillicidio di modi, atteggiamenti e contromosse. Se è una guerra, è combattuta con votazioni contrarie, dichiarazioni piccate fatte risuonare, bastoni fra le ruote — il genere a cui siamo normalmente abituati nei nostri quasi pacifici Paesi.
L’osteggiare racchiude la vicenda dell’ostilità cogliendo nella sua inquadratura quei comportamenti avversarî che la rivelano, e che (punto essenziale) non arrivano mai al calor bianco: a guardarlo bene, non sarà un verbo irenico di conciliazione universale, ma ha la curiosa civiltà di escludere completamente la violenza. Se mi bastoni non mi stai osteggiando, sei già una misura oltre.
Così si osteggia il nuovo direttore finché non ci convinciamo delle sue capacità, ci osteggia il nostro vicino di casa per i lavori che stiamo facendo; e similmente si osteggia l’ottimo progetto proposto dalla persona che ci è invisa, facciamo finta di osteggiare la proposta nuova che non possiamo appoggiare esplicitamente ma ci piace.
A ogni epoca il suo osteggiare, insomma, il suo modo di muovere le ostilità.