Posterità
po-ste-ri-tà
Significato L’insieme di coloro che vivranno nei tempi futuri; i discendenti di una stirpe, di una famiglia, di un personaggio; più raramente, le epoche future, gli anni e i secoli a venire
Etimologia dal latino posteritas che vale sia come ‘l’avvenire, il futuro’ che come ‘i discendenti, i posteri’, sostantivo formatosi dall’aggettivo posterus ‘seguente, successivo, futuro’.
Parola pubblicata il 30 Maggio 2022
Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni
Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.
Così si chiude la poesia che ha reso celebre l’espressione - divenuta ormai un vero e proprio motto - “cogli l’attimo!”. Ma di cosa parla il resto del testo? Orazio si rivolge alla fanciulla Leuconoe invitandola a godere del tempo presente senza cercare di prevedere cosa avverrà nel futuro ed evitando di affidarsi eccessivamente alla speranza, che corre molto più veloce del tempo stesso. Nel verso di chiusura, insieme all’invito a vivere “il qui ed ora” — diremmo oggi —, si aggiunge il consiglio di essere “fiduciosa il meno possibile nel futuro”.
Posterus infatti, formato sull’avverbio latino post, è letteralmente ‘seguente, successivo’ e dunque, in senso temporale, ‘futuro’. Da qui, il sostantivo posteritas ha assunto sia il significato stretto di ‘il futuro, l’avvenire’ che quello più esteso di ‘i discendenti’, cioè le generazioni che questo avvenire lo vivranno in prima persona.
Nel suo approdo all’italiano il termine posterità, che con questa sonorità finale così aperta sembra già proteso verso il futuro, ha infine conservato dal latino principalmente la seconda accezione: un certo e indistinto numero di persone che abiteranno un domani più o meno lontano, le “generazioni future”, come si suol dire.
Al giorno d’oggi, parlare di posterità significa per lo più riflettere, con un certo nodo alla gola, su ciò che gli uomini di oggi stanno lasciando a quelli di domani, principalmente dal punto di vista dell’ambiente e delle risorse. Possiamo allora ritrovarcela — questa parola così intrisa di aspettative ma offesa da una certa ipocrisia — citata in dichiarazioni pubbliche, articoli di giornale, testi di diritto, possiamo udirne il nome in conferenze stampa o servizi televisivi. Se solo avesse più peso nei fatti che nelle parole!
In passato, quando il pensiero della posterità aveva a che fare piuttosto con la speranza e il desiderio che non con la preoccupazione, ad appellarsi ad essa erano eroi, artisti, poeti, coloro che ambivano ad essere ricordati oltre il limite della loro vita terrena, che nella memoria presso i posteri riconoscevano il dono dell’immortalità.
Cicerone, spiegando il motivo che lo spingeva a sostenere la grande fatica e impegno che richiedeva la sua opera scrittoria, affermava:
Per gli eroi omerici garantirsi un posto nella memoria della posterità era vitale, sprone ad ogni battaglia, fonte di ardimento, un simbolo che sembra essersi cristallizzato lungo i secoli se ancora oggi, nelle lastre marmoree in onore dei caduti di guerra, leggiamo invocata a caratteri cubitali la speranza che “la posterità li ricordi e li benedica nella successione dei secoli”.
È ironico pensare che questa posterità, già scomodata prima di esistere, chiamata alla gratitudine, al ricordo, al perdono, al ruolo di giudice (come non pensare al Manzoni e a quell’ardua sentenza delegata ai posteri), sia poi quanto di più inconoscibile possiamo pensare, avendo a che fare con quell’insondabile e impenetrabile mistero che è il futuro.
Come scrive Leopardi, questa poeticissima e nobile parola, nel suo essere così generica e nel suo parlare dell’ignoto, è in certo modo la reginetta del vasto, dell’incerto, dell’indefinito, proprio perché di questa posterità non abbiamo e non potremo mai avere conoscenza alcuna.
È suggestivo pensare che quella che era allora una così ignota e inconoscibile posterità siamo proprio noi, attori del presente. Avendo dunque tra le mani la possibilità di guardarci indietro e di vedere ciò che è stato fatto, ciò che è stato detto e a cosa esso ha portato, dovremmo forse chiederci quale sia la direzione migliore da intraprendere oggi, quella che avremmo voluto fosse stata scelta a suo tempo per noi.
A noi, oggi, l’ardua sentenza.