Sefardita

se-far-dì-ta

Significato Nel passato era un aggettivo usato per indicare gli ebrei che abitavano la penisola iberica, cioè sia la Spagna che il Portogallo. Oggi lo si usa per parlare dei discendenti degli ebrei spagnoli e portoghesi (e delle loro tradizioni e liturgie), che compongono una parte della società israeliana

Etimologia dall’ebraico Sepharad, che significa ‘Spagna’. Nella Bibbia ebraica viene nominata una volta soltanto ed è una città non ben identificata del vicino oriente. Successivamente gli ebrei intesero Sepharad come Spagna.

La diaspora che seguì la distruzione definitiva del tempio di Gerusalemme portò gli ebrei a stabilirsi su tutte le sponde del Mediterraneo. In Spagna la presenza ebraica fu importante, tantoché ancora oggi, secoli e secoli dopo, le juderías, cioè i quartieri ebraici, conservano nell’urbanistica le tracce di un passato israelitico illustre e denso (pensiamo alla judería di Cordova dove nacque il grande filosofo, medico e dotto Maimonide).

I sefarditi abbandonarono Sepharad - la Spagna - all’indomani dell’Editto di Granada, promulgato dalla regina Isabella di Castiglia e dal re Ferdinando di Aragona nel 1492. La reconquista cristiana della penisola iberica aveva debellato la presenza musulmana e fu così che i cattolicissimi sovrani adottarono le misure più drastiche anche contro l’ebraismo, supportati dal terribile Torquemada, il primo Grande Inquisitore della storia dell’Inquisizione Spagnola: coloro che non si fossero convertiti al cattolicesimo sarebbero dovuti partire in esilio. Molti, pur di restare nelle loro case e di mantenere i loro possessi, finsero di convertirsi, diventando così marranos, letteralmente ‘maiali’, andando a messa in pubblico ma continuando la pratica ebraica in privato. L’ironia è che Torquemada pare discendesse da ebrei convertiti al cattolicesimo!

Gli ebrei partirono dunque alla volta delle altre terre attorno al mar Mediterraneo: alcuni giunsero in Italia, soprattutto alla corte degli Estensi, altri verso il Nord Africa, il Levante, la Grecia… a Tessalonica, cioè Salonicco, dove la presenza ebraica è attestata sin dai tempi di San Paolo, essi integrarono la comunità israelitica locale, detta romaniota, e resero la città un unicum in tutto il panorama storico della diaspora: la popolazione di Tessalonica divenne a maggioranza ebraica e prosperò nei secoli, tanto che fu conosciuta come la ‘Gerusalemme dei Balcani’.

Coloro che avevano dovuto abbandonare la Spagna erano percepiti dai membri delle comunità in cui si rifugiarono come più colti e più ricchi. I sefarditi divennero quindi una sorta di élite ebraica del Mediterraneo e portarono con sé nelle nuove dimore la loro liturgia, la loro tradizione e anche la lingua giudeo-spagnola. A Roma, per fare un esempio, ci sono due sinagoghe: il Tempio Maggiore, un edificio in stile eclettico molto bello che si erge vicino all’Isola Tiberina, e il Tempio Spagnolo, più piccolo, in cui si pratica il culto sefardita.

Qualche tempo dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna, fu la volta degli israeliti del Portogallo, anch’essi considerati sefarditi nella geografia della diaspora: il re Emanuele I desiderava ardentemente convolare a nozze con la principessa Isabella de Trastámara, figlia di quei due cattolicissimi sovrani spagnoli di cui sopra. Una condizione che gli fu imposta per l’unione prevedeva che dovesse far convertire o espellere tutti gli ebrei portoghesi, altrimenti lei si sarebbe fatta monaca! Emanuele accondiscese e, come regalo di matrimonio, le offrì l’esilio o la conversione di tutti gli israeliti. Alla faccia della lista nozze!

Il nuovo esilio sospinse tante altre famiglie a innumerevoli peripezie… e ad esempio fu così che i membri della famiglia De Espinosa, sefarditi di Portogallo, si ritrovarono catapultati dai ventosi litorali lusitani alle umide ‘terre basse’, dove nel 1632 vide la luce, in una delle case del quartiere ebraico di Amsterdam, il filosofo che conosciamo come Baruch Spinoza.

Parola pubblicata il 19 Giugno 2020

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.