Promulgare
pro-mul-gà-re (io pro-mùl-go)
Significato Emanare un atto normativo; proclamare; diffondere
Etimologia voce dotta presa in prestito dal latino promulgare ‘rendere pubblico’, derivato di mulgare, affine a mulgère ‘mungere’, con prefisso pro- ‘avanti’.
Parola pubblicata il 09 Gennaio 2020
‘Promulgare una legge’. Tutti conoscono questa espressione — in cui questo verbo è sempre più bloccato. Ma poche persone sembrano coglierne la bizzarria: non tutti gli esiti poetici della lingua sono romanticamente sospesi in immagini graziose, a volte fanno tuffi avvitati in un sorprendente che è calzante e assurdo insieme.
Già in latino promulgare ha i significati con cui lo troviamo in italiano; il che non stupisce, visto che il nostro promulgare è una voce dotta — un prestito preso dal latino nel Trecento. Ci racconta l’azione di un ‘rendere pubblico’, che quando riguarda una legge ci racconta la sua emanazione (che quindi diventerà efficace), e che altrimenti diventa un più sciolto ‘diffondere, divulgare’.
Questo ‘rendere pubblico’ originale è significato attraverso una metafora inattesa. Il promulgare latino significa letteralmente, secondo gli elementi che lo compongono, ‘spremere fuori’. Quel prefisso ‘pro-’ direziona avanti un mulgare che è affratellato al mulgère, cioè ‘mungere’ (secondo alcuni mulgare è una sua forma durativa). Quindi il promulgare ci rappresenta un’azione non proprio difficile ma certo un po’ macchinosa, e che richiede capacità e grande intenzione: quella di un munger fuori, di uno spremere avanti qualcosa che fino a quel momento è tenuto privatamente in seno (!), e che così diventa idealmente alimento disponibile — scoperto, pubblico.
Che a spremere sia la mano padrona dell’autorità pubblica, dell’autorità sovrana, che favorisce al popolo latte di legge, o quella che rispreme notizie, motti, denunce o dichiarazioni, poco è importato: il promulgare è sempre stato usato con fantasia. Ma oggi il promulgare resta essenzialmente normativo: tanto forte è il nesso del promulgare con editti, regolamenti e leggi che ogni altro nesso finisce per sembrare vagamente storto: il promulgare nella semplice veste di ‘diffondere’ è effettivamente meno usato (lo zio dalla bocca larga promulga dicerie?), e anche quello impiegato in genere per le alte sanzioni, per le proclamazioni solenni recede (‘promulgare una dottrina’ non inizia ad avere un sapore strano?, e chi promulga da un podio?).
Pure in questo progressivo irrigidimento del promulgare in un’ingessatura di diritto, resta la meraviglia per un’immagine così inaspettata come quella che ab antiquo, dall’antichità, trova nella mungitura la metafora poetica condivisa per il passaggio dall’interiore (inaccessibile e segreto), all’esterno (nutriente e pubblico).