Sentenzioso
sen-ten-zió-so
Significato Ricco di massime con significati profondi; che procede per massime e sentenze; che fa uso eccessivo di massime e sentenze; supponente, pedante, presuntuoso nell’esprimersi
Etimologia voce dotta recuperata dal latino sententiosus, da sentèntia ‘sentenza, massima’, ma anche ‘opinione, parere’, derivato di sentire.
Parola pubblicata il 28 Agosto 2023
Se ti dicessero che hai un modo d’esprimerti sentenzioso, lo prenderesti come un complimento o come una critica? La risposta ci mostra il finale della parabola di una parola che ha avuto un successo schietto e secolare, mutando le proprie connotazioni. Forse, anche perché certi modelli inevitabilmente, col crosciare degli anni, perdono freschezza.
In principio il sentenzioso è ciò che ha significati profondi, concettualmente ricchi, e che contiene insegnamenti importanti — esposto magari con intenti e stili gnomici, cioè precettistici e moraleggianti (niente cappelli rossi a punta, purtroppo). Ed è chiaro il perché: la sentenza (aspettiamo a entrare in tribunale, stiamo sul generico) è l’opinione, la massima concisa espressa con autorevolezza, splendido filo ideale che porta etimologicamente il sentire al parere e quindi al giudizio. Ciò che è ricco di questo genere di sentenze non può che essere radicalmente di valore, e ci deve trovare nella più sincera e seria compunzione, con animo disposto a riceverle e ad arricchirsi. O no?
Be’, diciamo che intendendolo in maniera un po’ minore il sentenzioso può rimanere anche solo ciò che si sviluppa per massime — e magari possiamo parlare anche dell’opera sentenziosa del filosofo, senza per questo intendere lusingarlo, ma solo indicare un certo processo espositivo. Che anzi magari è un po’ ostico, o perfino (se è lecito dirlo) pretenzioso.
Per questa via potrei arrivare a dire che è sentenzioso il mio elettricista di fiducia, che pronuncia frasi secche, e sono spesso proverbi che adombrano il mio non capir niente di quello che fa, e possono essere sentenziose delle poesie che nascendo già si vogliono immaginare aforismi. Di qui al momento in cui il sentenzioso inizia a sputare sentenze, e a farlo con aspra sicumera, il passo è breve: giungiamo così alla critica sentenziosa che vorrebbe stroncare il film e risulta estremamente supponente e antipatica, alle conclusioni sentenziose a cui salta l’amica senza nemmeno averci ascoltati.
Certe compilazioni sentenziose non sono solo meravigliose, ma hanno davvero una fertilità travolgente: per fare esempi antichi, originali, certe esposizioni di Seneca o di Marco Aurelio sono rimaste celebri nella storia proprio per questo loro carattere. Ma è un carattere che richiede (oltre in primis una certa statura intellettuale e morale, questo è ovvio) una certa rarità: se il sentenzioso, lungo la storia, si fa modello facile e anzi andazzo, allora è forse inevitabile che dal profondo, ricco di significato e importante — espresso tramite massime che aprono questioni di rilievo della vita, dell’etica e della morale — si passi al caspita che ha ancora da dire?
Ma è bello, con la giusta capacità di penetrare questo tratto del mondo, recuperarne anche il taglio sinceramente positivo: ci può proprio essere del buono, nel sentenzioso.