Vieto

viè-to

Significato Antiquato, superato, senza attrattive; stantìo, vizzo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino vetus ‘vecchio’.

L’attributo di ‘vecchio’ ha una certa ambivalenza, perché a seconda della prospettiva può parlare di qualità positive o negative. Il vieto, no.
Badiamo bene, vecchio e vieto sono allotropi: nascono dalla stessa parola latina e arrivano in italiano per due vie diverse — popolare il vecchio (vetus→vetulus→veclus→vecchio) e dotta il vieto (vetus→vieto). Peraltro cogliamo l’occasione per notare che vetus aveva il significato originario di ‘anno’, e che è giunto a indicare il vecchio sottintendendo il riferimento all’anno passato, compiuto e superato; un uso che trova echi in altre derivazioni dalla radice protoindoeuropea ricostruita come uetos-, e che mi pare ancora più interessante se ripenso alle vecchie e ai vecchi della mia infanzia, che dicevano ‘anno’ per dire ‘l’anno scorso’ («Anno s’andò a trovarli»).
Ad ogni modo, il vieto taglia il concetto scegliendo un bel bouquet di accezioni negative.

Il significato centrale per l’uso attuale si attesta sul trito, sull’inattuale, si volge in un antiquato senza attrattive — specie riferito a costumi, idee, valori e simili.
Può irritarci il punto di vista vieto che viene difeso durante la discussione, possiamo sentire come vieta la premura per un rischio sconfessato da tempo, e troviamo vieta la barzelletta che non fa più ridere.

Non c’è ombra della veneranda antichità del vetusto — che può essere arretrato, ma che ha maturato un’aura di rispetto (e che peraltro senza mistero viene da vetus a sua volta). D’altro canto non s’impernia sulla mancanza di attitudini aggiornate come l’obsoleto, non racconta una mera desuetudine come il disusato, non ha la magniloquenza dell’anacronistico. Il vieto propone una perdita di validità, una perdita di interesse. Tanta parte del passato vige, è ragionevole e affascinante: non il vieto.

Inoltre può prendere delle pieghe più concrete, raffigurandoci il vizzo, lo stantio, ciò che ha perso freschezza — forse anche per prossimità col vietus che dà origine giusto al vizzo (da viescere, ‘appassire’). E quindi possiamo parlare della cannella vieta che ha preso l’umido, delle mele ormai viete, ma magari anche dell’aspetto vieto dell’amico che non vedevamo da tempo.

È una parola ricercata ma abbastanza trasparente, grazie alla sua fitta rete di parentele; porta un significato cristallino, messo giù in maniera diretta ed elegante. C’è solo da chiarire una sola confusione possibile: non ha alcuna parentela col ‘vietare’, scaturito invece dal latino vetare (da cui il veto, ad esempio).

Parola pubblicata il 21 Maggio 2025