Sconfessare

scon-fes-sà-re (io scon-fès-so)

Significato Ritrattare una precedente affermazione o professione; disapprovare, smentire, disconoscere pubblicamente atti e parole di qualcuno, specie da parte di un’organizzazione

Etimologia da confessare con prefisso negativo s-; quello, attraverso passaggi intermedi nel latino medievale, è dal latino classico confitèri ‘ammettere’, derivato di fatèri, con lo stesso significato, con prefisso con-.

  • «L'istituto lo ha sconfessato in un'ora.»

‘Sconfessare’ non è solo il contrario di ‘confessare’. E per fortuna: l’estensione del suo significato ci dà un’opportunità espressiva straordinaria. Ma certo, l’inizio è quello.

‘Confessare’ è una parola che ci è molto familiare: ha una consistenza religiosa nota e radicata, che ha trovato importanti riflessi in altri ambiti. In effetti nasce proprio in ambito ecclesiastico — il latino classico conosceva il verbo confitèri, il cui participio passato è confessus, e proprio da questo confessus è stato reimmaginato nel parlato, senza troppe pastoie di correttezza filologica, il verbo confessare, che senza attestazioni nel latino medievale è emerso in italiano (proprio ai suoi albori, alcune fonti recenti lo collocano nell’XI secolo).
Confessare è ammettere, riconoscere una colpa, un peccato; più genericamente (ma con un importante rilievo in diritti) è ammettere un fatto a sé sfavorevole. Perciò lo sconfessare prende subito il profilo di un rinnegare, o meglio ritrattare — azione opposta alla confessione. Questo ci è evidente anche dalla cronaca: quante volte, per i motivi più disparati, una confessione viene ritrattata?

Non sconfesso di aver scritto un mucchio di sciocchezze; dopo averci pensato meglio sconfesso le idee che ho espresso l’altro giorno; e un’esperienza straordinaria mi porta a sconfessare convincimenti che ho avuto per molto tempo.
Benissimo. Quest’accezione resta aderente al ‘confessare’ anche nella sua dimensione intima. Ma lo sconfessare, come dicevamo, si allarga. Il suo modo di rinnegare, diciamo pure di smentire, si estende a una disapprovazione pubblica di ciò che è stato fatto, detto, sostenuto, professato da altra gente.

Tu puoi sconfessare la mia affermazione mendace portando prove che è falsa; si generano grandi tensioni quando il ministro sconfessa la dichiarazione fatta dal presidente; l’organizzazione sconfessa l’operato di persone che hanno agito in suo nome; e la grande scoperta scientifica viene sconfessata dalla revisione.

C’è qualcosa di profondamente armonico e intelligente, in questa rottura di simmetria che lo sconfessare opera sul confessare. È ovvio che non si possa confessare che per sé — in caso contrario siamo davanti a un arcipelago che va dall’accusa alla calunnia, dalla rivelazione alla delazione. Ma lo sconfessare, secondo la linea di significato del non ammettere, del non riconoscere, ha invece modo di prorompere fuori d’intimità. E il non ammettere è un mollare, smentire con riprovazione, disconoscere e ripudiare. Un atto forte e serio, per quanto agile, pieno di implicazioni, per quanto reciso, che è bello poter collocare su una pianta etimologica che parla di colpa secondo il grado delle massime regole terrestri e celesti.

Parola pubblicata il 10 Settembre 2024