Cristallo
Italo Calvino, le parole
cri-stàl-lo
Significato Struttura dei solidi in cui i costituenti molecolari sono disposti in uno schema geometrico rigido e orientato che si ripete; vetro al piombo, vetro di qualità pregiata
Etimologia voce dotta recuperata dal latino crystallus, dal greco krýstallos ‘ghiaccio’, da krýos ‘gelo’.
- «Vuole sottoscrivere anche la polizza cristalli?»
Parola pubblicata il 10 Ottobre 2023
Italo Calvino, le parole - con Lucia Masetti
Il 15 ottobre 2023 si celebrano i cento anni dalla nascita di Italo Calvino, il più grande, profondo, ridente, immaginifico scrittore della nostra letteratura recente. Cerchiamo di abbracciarne la straordinaria opera dedicandogli un dizionario minimo.
È una parola curiosa perché ha una dimensione scientifica molto precisa e affascinante, e però non di rado viene usata in maniere improprie per l’effetto eccezionale che fa.
Se parliamo di ‘cristallo’, l’immaginazione oscilla fra lampadari, calici baccarat, ciotole a corona (magari anche un po’ rétro, prestigiosa fissazione di antiche prozie), e quarzi, diamanti, sali. Tecnicamente il cristallo è una particolare struttura assunta da certi solidi, in cui i costituenti microscopici — atomi, molecole, ioni — si dispongono in un reticolo cristallino, cioè secondo una disposizione geometrica che si ripete (e che dipende dalla proprietà dei costituenti), dando forma a un abito cristallino, cioè a un aspetto complessivo del cristallo, che può apparire cubico, lamellare, esagonale, aghiforme e via dicendo. Sono strutture ordinate, rigide, orientate e regolari che si formano per lenta solidificazione di rocce fuse, o per brinamento — come possiamo vedere su un parabrezza, dove l’umidità dell’aria si solidifica in cristalli di ghiaccio che si allargano. E proprio i cristalli di ghiaccio sono i primi cristalli, quelli eponimi dell’intero genere di struttura: forse non ci è sovvenuto prima, ma nel cristallo echeggia il greco krýos, il gelo, che si fa ghiaccio nel krýstallos.
Non è difficile immaginare che in realtà la preziosa cristalleria che passa l’ergastolo nella vetrina di casa — troppo preziosa per essere usata — non sia ricavata da cristalli in senso proprio. Sì, esistono dei particolari quarzi ialini, cristalli meravigliosamente trasparenti (cristallini, si direbbe), che sono comunemente detti ‘cristalli di rocca’ e possono effettivamente essere usati per ricavarne calici e simili suppellettili. Ma naturalmente il loro costo è da sempre abominevole, in pratica sono sculture. Così quando a Venezia astuti e abili artigiani iniziarono ad avere grande rinomanza per i loro vetri al piombo, ardire di chiamarli ‘cristalli’ fu una trovata di marketing per suggerirli come sostituti (un po’) più accessibili.
Ancora, comunque, quando vogliamo elevare moralmente dei vetri, anche se sono bellamente amorfi, li chiamiamo ‘cristalli’. Come sarebbe prosaica la polizza vetri, e come dovrebbe costare meno!
Calvino è stato spesso accusato di freddezza. Non per nulla ha scelto come suo emblema il cristallo, dalle forme nette e immutabili. Per lui, tuttavia – come per Qfwfq, protagonista delle Cosmicomiche – la razionalità è una forma di passione. Proprio perché ama il mondo è portato ad analizzarlo, a cercarvi un ordine. E proprio perché lo detesta oppone alla sua confusione una sfida costante.
La scrittura nasce da quest’amore e da questa sfida; è un modo per creare, nel vortice della vita, delle “zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva” (Lezioni americane). Cristallizzare: questo è il segreto dello scrittore e il grande compito della vita.
Ci sono però due modi per farlo. Il primo è ricondurre a un modello unitario l’infinita varietà delle cose, delle persone, delle esperienze; si zooma lontano dai particolari per cogliere dinamiche più ampie: rapporti causali, tendenze, costanti… È quello che vorrebbe Qfwfq il quale, osservando il fermento della Terra in formazione, sogna l’addensarsi di tutto in un unico, enorme cristallo.
Il secondo modo invece è soffermarsi sui dettagli, con la maggior precisione possibile. Il che vuol dire, anzitutto, non accontentarsi di un linguaggio sbadato, bensì scavare alla ricerca della parola adatta, che catturi fedelmente le pieghe dell’esistenza. Ma significa anche concentrarsi sul particolare più che sul generale, godendo della varietà e imprevedibilità delle cose. Questa è la prospettiva di Vug, compagna di Qfwfq, che al cristallo-mondo preferisce la bellezza minuta e irregolare dei cristalli più piccoli.
Entrambe le vie hanno pregi e pericoli. Il razionalismo di Qfwfq rischia di portarlo lontano dalla realtà, imprigionandolo in un modello astratto. L’empirismo di Vug è sempre sul punto di smarrirsi in una profusione di dettagli insignificanti, perdendo di vista l’essenziale. Per questo Calvino li mette in scena insieme, come una coppia innamorata e inseparabile, anche se immersa in un perenne bisticcio.
Perenne anche perché, traversando le epoche sotto varie forme, i due personaggi arrivano fino ai giorni nostri. Così lei, specchiandosi nelle vetrine di Tiffany, continua a rammentargli la bellezza dei frammenti, delle piccole pietre scintillanti negli astucci blu. Mentre lui, muovendosi tra i grattacieli di Manhattan (illusoriamente simili a enormi cristalli) la richiama a percepire sempre in quella bellezza il desiderio di una superiore armonia: “Ci vorrebbe il diamante, non da averlo noi ma che il diamante ci avesse, il libero diamante in cui andavamo liberi Vug e io…”