> Grammatica dubbiosa

Quando una virgola manca — parte 3

Quanto cambia una virgola: una panoramica sull’uso e sugli effetti di questo segno, quando non basta, quando è di troppo, quando manca, quando è facoltativa.

Le grammatiche distinguono due tipi principali di virgola: quella seriale, che serve ad enumerare, o comunque ad accostare, associare elementi all’interno della frase (Veni, vidi, vici), e quella che apre e/o chiude, la quale isola, mette su un altro livello ciò che separa (Andò al mare e, nonostante la temperatura gelida, si fece il bagno). Comprensibilmente, i casi più frequenti di omissione abusiva della virgola si riferiscono al secondo tipo, specialmente con le apposizioni, gli incisi e le subordinate relative.

Le vere e proprie proposizioni incidentali, essendo delle aggiunte parentetiche, accessorie e autonome rispetto alla frase principale, vanno sempre messe tra due virgole (o anche – e talvolta preferibilmente – tra parentesi o lineette):

La sua domanda, mi dispiace, non può essere accolta.

La partita, lo sanno tutti, era truccata.

L’impresa – non prendiamoci in giro – era destinata sin dall’inizio al fallimento.

Quando invece si tratta di altri membri della frase, ad esempio un complemento, le cose vanno diversamente: nella frase citata poco fa, ad esempio, Andò al mare e, nonostante la temperatura gelida, si fece il bagno, il complemento nonostante la temperatura gelida potrebbe anche fare a meno delle virgole; in quel caso, tuttavia, andrebbero omesse entrambe, sia quella di apertura che quella di chiusura, non una delle due soltanto: sia la forma Andò al mare e, nonostante la temperatura gelida si fece il bagno sia quella Andò al mare e nonostante la temperatura gelida, si fece il bagno sono da ritenersi errate, perché separano senza alcuna ragione il soggetto (sottinteso) dal gruppo del predicato. Si tratta di una pratica che si riscontra abbastanza spesso, specie nella prosa giornalistica più frettolosa e sciatta:

La battaglia legale, però, va avanti e, col trascorrere delle udienze è diventata sempre più misteriosa (…).

L’Italia nel riciclo della plastica, sembra avere il comportamento più virtuoso in Europa.

Gli studiosi di logica adoperano per riferirsi a questo tipo di discorsi, il termine di inferenza.

Lo stesso vale per altri elementi lessicali, come avverbi e congiunzioni, che a volte possono essere, per questioni stilistiche, messi tra due virgole: potrò scrivere indifferentemente Questa cosa, insomma, non mi convince oppure Questa cosa insomma non mi convince, così come La tua previsione, quindi, era giusta oppure La tua previsione quindi era giusta, ma non La tua previsione, quindi era giusta o La tua previsione quindi, era giusta.

Il caso delle apposizioni è ancora più interessante e complesso. Quando esse sono posposte al nome cui si riferiscono, non c’è possibilità di scelta: vanno messe tra due virgole (con la seconda che, naturalmente, in finale di frase può essere ‘assorbita’ dal punto fermo).

Gianluigi Donnarumma, il portiere della nazionale di calcio italiana, gioca in Francia.

San Sperate, ridente paese della Sardegna meridionale, è famoso per i suoi murales.

Fu salvata all’ultimo momento dalla signora Berti, la portinaia.

Tutte le virgole delle tre frasi citate sono indispensabili e obbligatorie; nessuna può essere omessa senza rendere la sintassi zoppicante, come accade in questi esempi tratti dal web:

Gli agnolòt dël plin, la speciale pasta ripiena piemontese caratteristica della zona delle Langhe e Monferrato sono un altro dei piatti assolutamente da assaggiare in Piemonte.

Al Foro Italico la polacca, campionessa in carica al Roland Garros batte la Pliskova 6-0 6-0.

Quando invece l’apposizione è preposta al nome, logicamente, non va messa tra virgole:

Il portiere della nazionale italiana di calcio Gianluigi Donnarumma gioca in Francia.

Piuttosto, in questo caso è il nome a poter essere messo tra virgole:

Il portiere della nazionale italiana di calcio, Gianluigi Donnarumma, gioca in Francia.

Qui, però, occorre fare attenzione. Osserviamo quest’altra frase, apparentemente analoga:

Il difensore della nazionale italiana di calcio, Giorgio Chiellini, gioca nella Juventus.

È corretto mettere il nome tra due virgole, in questo caso? No, perché qui la virgola – non essendo, ovviamente, seriale, bensì di quelle che aprono e chiudono – fa il suo mestiere di separatrice, quindi non attribuisce semplicemente una caratteristica (essere difensore della nazionale) a Giorgio Chiellini, come accadrebbe se il suo nome non fosse messo tra virgole, ma aggiunge un elemento ulteriore, una spiegazione (equivale a dire: cioè Giorgio Chiellini). Si dà il caso, però, che Chiellini non sia l’unico difensore della nazionale italiana di calcio: in una squadra, il portiere è uno (o meglio, uno è ‘titolare’), i difensori sono diversi. Se parlo del Capo dello Stato, essendocene uno solo posso scrivere indifferentemente Il Capo dello Stato Sergio Mattarella è nato a Palermo oppure Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, è nato a Palermo, ma non sarebbe corretto scrivere, ad esempio, Il docente dell’Università “Tor Vergata”, Amedeo Balbi, ha vinto il Premio Asimov, perché Balbi non è certo l’unico docente di Tor Vergata!

Quanto detto delle apposizioni vale anche per gli aggettivi appositivi, i quali forniscono una descrizione o spiegazione aggiuntiva sul referente – mentre quelli attributivi hanno una funzione restrittiva, cioè decisiva per determinare ciò di cui si sta parlando. A determinare la differenza tra i due è proprio la virgola: scrivere La ragazza bionda uscì di corsa dal locale è assai diverso da La ragazza, bionda, uscì di corsa dal locale: nel primo caso, l’aggettivo ‘bionda’ serve ad identificarla (probabilmente ci saranno altre ragazze, castane o more, che non sono uscite); nel secondo, si sta parlando di una sola ragazza, di cui si osserva incidentalmente che è bionda. ‘Rubiamo’ due esempi di aggettivi appositivi dal testo già citato di Leonardo Luccone (il primo di Buzzati, il secondo di Pavese):

Il drago, estenuato, era scivolato per la parete fino al ghiaione e giaceva immobile (…).

La padrona, stupita, s’era dovuta convincere che questo gioco era adesso di moda (…).

La differenza tra carattere restrittivo e non restrittivo ci porta ad un tipo di proposizione dalla punteggiatura spesso assai problematica: le subordinate relative. Le proposizioni relative restrittive (o attributive, determinative) non richiedono l’uso della virgola (Puoi restituirmi il libro che ti ho prestato ieri? La ragazza che ho conosciuto ieri in spiaggia è di Pavia); quelle non restrittive (o appositive, aggiuntive, esplicative), invece, sì: Il caffè, che bevo almeno tre volte al giorno, è per me un piacere irrinunciabile; Mia mamma, che all’epoca era molto severa, si arrabbiò moltissimo. Anche qui, la virgola non di rado fa la differenza tra le due tipologie, cambiando il senso dell’enunciato: dire La preside rimproverò gli alunni che si erano comportati male non è la stessa cosa che La preside rimproverò gli alunni, che si erano comportati male. Nel primo caso, la relativa è restrittiva perché limita il campo dell’azione (il rimprovero) a un certo numero di alunni; nel secondo, le virgole fanno sì che la relativa non serva più ad identificare i soggetti ma solo ad aggiungere una determinazione (causale): tutti gli alunni si sono comportati male.

Osserviamo queste due frasi:

Le cose che mi erano piaciute fino a quel momento non mi piacquero più.

La partita che fino a quel momento era stata equilibrata si sbloccò al novantesimo.

Sono analoghe? No. Nella prima, la relativa che mi erano piaciute fino a quel momento è restrittiva, ossia essenziale per identificare il soggetto: ‘le cose’, da solo, non dice nulla. Nella seconda, invece, non ho bisogno di capire di quale partita sto parlando: che fino a quel momento era stata equilibrata non serve a determinare quale sia la partita, ma solo ad aggiungere un’informazione: è una relativa esplicativa, descrittiva, che perciò – a differenza della precedente – va messa tra virgole:

La partita, che fino a quel momento era stata equilibrata, si sbloccò al novantesimo.

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